Con una lettera ironica e appassionata, lo studioso di Storia Patria Cosimo Fai mette in evidenza lo stato di abbandono di alcuni pezzi della nostra Memoria Storica
Di seguito la Lettera di Cosimo Fai (le foto sono state scattate nel 2018 in occasione di un sopralluogo insieme a un responsabile comunale nell’ex Convento dei Francescani a Veglie):
Proviamo con l’ironia…..
«Signore mio, perdonali perché non sanno quello che fanno….»
No, Madonna mia, non è vero. Ti sbagli. Sei proprio fuori strada.
Con tutto il rispetto. “Signuria pueti essire puru la Matonna, ma cumandi cu nni sai cchiui ti li politici? Mai sia.”
Se loro hanno deciso che tu, in quanto statua di cartapesta di appena 100 anni, non sei degna di attenzione, non sei meritevole di cure, di custodia, di salvaguardia, di restauro, insomma, sei solo un peso, un disturbo alla quiete del nulla, alla politica del non fare, all’offesa del bello, “tocca cu ti stai citta, e sia ca ti n’è catuta puru la facce”.
Che magnificenza potersi interessare di beni culturali. Che nobile professione. Che straordinari apparati burocratici danno lavoro a tante persone competenti, preparate ed appassionate, ma anche a tanti “dotti, medici e sapienti” tutti intenti a preparare relazioni, convegni, incontri, meeting, riunioni, raccolta fondi, petizioni. Tutti alla ricerca delle “parole più belle”, “parole”, appunto.
“Paroloni”, con cui descrivono la bellezza della cultura; con cui mettono in evidenza quanta attenzione riservano, “loro”, alla salvaguardia del patrimonio culturale e alla conoscenza dello stesso. Sempre presenti anche lì dove si dedica addirittura un intero anno, non a veglie, non in puglia, non in italia, ma un “ anno europeo del patrimonio culturale” discutendo di monitoraggio, conservazione, protezione dei beni culturali, mettendo in piedi organizzazioni faraoniche, in straordinarie location, spendendo somme assurde di denari, invitando al tavolo delle relazioni i “massimi esperti” per regalare ad un pubblico attento ed interessato, “grandi temi di riflessione e discussione”. Si guarda all’Europa ma ci si dimentica di quanto di bello abbiamo a casa nostra…
E tu Madonna mia? In tutto questo cosa c’entri? Amara la risposta. Neanche una beneamata men…zione. Tu e quegli altri due che ti fanno compagnia, in quella stanzetta umida e madida di vergogna di un misero conventino di provincia.
Quella piccola, che è nascosta e sembra giocare a nascondino, che si dice sia Santa Teresa, e quell’altro, ormai strafatto, disgregato, nebulizzato, atomizzato, che si dice sia San Vito. O forse è meglio dire: ERA. Ma insomma, fatevelo un giro di scopa e “spicciatila” di rompere gli zebedei come direbbe Montalbano.
Mi chiedi chi sono io, Madonna mia? Il più zebedeo di tutti che crede ancora nel bello, nella cultura, nella salvaguardia della tradizione. Sono quello che si è permesso scrivere una pec di segnalazione alla Soprintrendenza senza essere hahato (h=c, alla fiorentina maniera) di striscio. E anche dopo aver parlato al telefono con la diretta responsabile, mi sono sentito rispondere: “non posso parlare, sono in giro con i miei nipotini, ma le risponderemo, non si preoccupi.”
Sono passati quasi tre mesi. Santi tempi della burocrazia. E sante parole. Santissime parole. Non metto in discussione il bene di una nonna nei confronti dei propri nipotini. Metto in discussione il menefreghismo nei confronti di tre statue di “appena” cento anni che stanno marcendo in uno sperduto luogo di questo pianeta, abbandonato da Dio, dai Santi e pure dalla “Matonna”.
E i Carabinieri tutela del patrimonio? Non possono intervenire, se non c’è reato penale. Questo mi hanno spiegato. Uno potrebbe andare a a “rubare” quelle statue, se le potrebbe portare a casa, magari curarle, magari restaurarle e poi, cretino, se le potrebbe vendere. E i carabinieri gli farebberoìun servizio con i fiocchi. Ed è giusto!!! Non potrebbe essere diversamente. Non deve essere diversamente.
Ma allo stesso tempo mi chiedo e chiedo: abbandonare questi reperti al proprio destino, permetterne la distruzione, il disfacimento, l’annullamento di ciò che rappresenta un pezzo di storia di questo paese, la sua identità culturale e religiosa, “è o non è un delitto? Un’offesa a chi ama questo paese?”
Che poi, a pensarci bene, ma “signuria pircene ti thruei a ddhra inthra”? Sola, abbandonata, anzi no, in compagnia di quegli altri due, tutti e tre soli e abbandonati?
Eppure, se non vado errato, tu sei stata voluta, ordinata, pagata, osannata, incensata- A te sono stati riservati tutti gli onori del caso, perché con quella tua statua si ricordavano i 50 anni del dogma dell’Immacolata Concezione, proclamato da papa Pio IX l’8 dicembre 1854. (1854 – 1904.) Quest’anno avresti festeggiato i 115 anni. Me la immagino la tua festa di compleanno. I preti in pompa magna, i fedeli festanti, il sindaco in fascia tricolore, il fotografo, la torta, i discorsi di commemorazione, le canzoni di auguri, per altri cento e più anni…. Chissà cosa stai pensando adesso. No, non me lo dire…
Come? Qualche prete, in illo tempore, che ti avrebbe dovuto custodire, ti ha rinnegato?
“Rinnegare”, un’azione che mi ricorda vagamente qualcosa, poiché il “rinnegare” ha segnato i momenti più brutti della vita di tuo Figlio. Quel cristiano che ti ha rinnegato, prete o laico che sia, non si chiamava San Pietro o peggio ancora Giuda Iscariota… Loro si che hanno saputo rinnegare, ma almeno hanno l’attenuante di aver rinnegato “l’originale”. E beh, le cose quando si fanno, vanno fatte per bene.
Nel recente passato, invece, in nome di un impellente “rinnovamento”, hanno sostituito la cartapesta, ritenuta materiale vile, con del più nobile gesso o altro materiale più moderno. E il “vecchio” viene sostituito dal nuovo che avanza.
Diceva un detto popolano: “quannu rriane li puttane noe, li ecchie no servune cchiui.” Santa cultura popolare che nessuno potrà mai rinnegare.
Comu tici Matonna mia? “Ti lu latru ti casa no ti pueti vuardare?” E lo so…
Comu? “QUANNU LU CIUCCIU NO BBOLE CU MBIE, MAGARI CA FISCHI…” Aggiu capitu, mi sta dici ca sta fiscu pi nienti…
Basta, spicciamula cu sti detti popolari, ca si nò si face notte.
Scusa Madonna mia, (ed ora cerco di ritornare serio), tu che hai sopportato il dolore dell’incomprensione, dell’emarginazione, della prepotenza e del dolore, perdonaci. Ma veramente ti chiedo PERDONO. Non tanto per delle statue in cartapesta, di 100 anni e più, ma per la MANCANZA DI RISPETTO, con tutto quello che ne consegue, verso un segno, un simbolo, la rappresentazione di una storia millenaria. Tu che hai vissuto sulla tua pelle il più grande dei dolori; Tu, che ti ha segnato il cuore scoprire che la gente fino a ieri tua amica, d’improvviso si rivolta contro tuo figlio, PERDONACI, perché non sappiamo coltivare la cultura del bello.
Se non abbiamo rispetto per qualcosa che rimanda ad un amore, ad una fede, ad un credo come potremo prenderci cura dei poveri, degli ammalati, dei piccoli, degli anziani e di tutti quelli che la società oggi disprezza?
LA MIA COSCIENZA RIMARRÀ TORMENTATA.
Quanto vorrei, almeno nel tuo caso, (ritorniamo a parlare di tre statue in cartapesta) dormire il sonno del giusto, senza “disturbi”, senza avere incubi… con la coscienza a posto, senza rimorsi e soprattutto non vorrei assistere ed essere presente quando qualcuno si “renderà conto” di questo misfatto, si straccerà le vesti, e si affannerà alla ricerca di fondi, di soldi, di imbrogli, di meeting, di convegni, di riunioni per salvare quello che era sotto gli occhi di tutti.
Mi vado a rileggere, e lo ripropongo a chi ha avuto la pazienza di leggermi fin qui, un brano di Matteo:
Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: «Ha bestemmiato! Perché abbiamo ancora bisogno di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». E quelli risposero: «È reo di morte!». Allora gli sputarono in faccia e lo schiaffeggiarono; altri lo bastonavano, dicendo: «Indovina, Cristo! Chi è che ti ha percosso?».
Cosimo Fai
9 giugno 2019
[…] Dopo aver assistito alla lenta ed inesorabile distruzione delle statue in cartapesta, e relative teche in legno, polverizzate, decapitate, abbandonate all’umido, allo scempio delle tarme, ormai bene prezioso irrecuperabile (Signore mio perdonali perché non sanno quello che NON fanno); […]