Il procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone «striglia» gli amministratori che non hanno effettuato il monitoraggio dei pozzi proposto dalla Asl

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Procuratore Elsa Mignone
Procuratore Elsa Mignone

La dottoressa Mignone interviene presso il Polo didattico della Asl, alla presenza dei sindaci, ed illustra la situazione dell’inquinamento del territorio salentino grazie anche «alla disattenzione e alla complicità di alcuni amministratori che avrebbero dovuto controllare»

Il Comitato Ambiente Sano invia, per la pubblicazione, il testo integrale dell’intervento del procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone, tenuto il 2 febbraio 2017 presso il Polo didattico della Asl alla presenza dei sindaci, nel quale viene descritta la grave situazione ambientale nella quale si trova gran parte della provincia di Lecce. Il presidente del Comitato Ambiente Sano, Dario Ciccarese, invita a leggere il documento per approfondire l’argomento che per molti aspetti ci riguarda e ci interessa.

Intervento della dottoressa Elsa Valeria Mignone ( Testo tratto da SaluteSalento.it ):

«Sono soddisfatta che oggi ci sia questo incontro. E che ci sia una partecipazione e una particolare attenzione con la presenza dei sindaci del territorio.  Sono contenta che l’allarme che per lungo tempo era un allarme isolato della Procura della repubblica e di pochi medici attenti a quello che avveniva sul territorio sia ormai un allarme condiviso. Ma vi dico anche che questo allarme, condiviso con la Politica (permettetemi di usare questo termine) e condiviso dagli amministratori, sia oggi sentito. Oggi non c’è niente di immutato rispetto a quello che esisteva 20 anni fa. Mi sembra assurdo che oggi ci sia questo allarme diffuso perché un soggetto, il mio indagato principale da 20 anni (Gianluigi Rosafio – ndr.) ci venga a dire che nella discarica di Burgesi siano scaricati 600 fusti. Io vi invito ad essere attenti. A prestare al territorio quell’attenzione che non è stata prestata per 25 anni. Scusate se ribadisco questo concetto: ma perché quello che c’è nella discarica Burgesi è noto da 25 anni. Da 25 anni la magistratura che in questo caso ancora una volta, consentitemi, ha esercitato un ruolo di supplenza rispetto a quello che doveva essere un ordinario controllo, ha accertato che quella discarica non veniva ben coltivata. Le discariche non ben coltivate è difficile poi che siano sanate. Uso questo termine, come un organismo. Un organismo che venga trattato male, che non venga curato nel corso della vita, in vecchiaia decade in maniera piuttosto rapida ed è difficile che possa in qualche modo essere sanato.  Una discarica non coltivata bene è una discarica che continuerà a produrre danni all’infinito. E mi sembra strano che proprio nel momento in cui dovevano essere pagati dei costi per la caratterizzazione del rifiuto e per la bonifica di una discarica mal coltivata il problema passi sulla collettività. Mi sembra strano che vi siano degli introiti per gli imprenditori che hanno sfruttato le discariche per 20 – 25 – 30 anni e al momento in cui devono pagare una parte dei costi, questi passino sulla collettività. Allarme, bisogna bonificare.

Scusate, ma non c’è un contratto per la discarica? Qual è il contratto? Il comune di Ugento ha stilato un contratto? Sono problemi che la magistratura non sa come gestire. Perché la magistratura, che viene sempre chiamata in causa, può fotografare lo stato di quella discarica ormai abbandonata da 20 anni dove però ci sono presenza di ceneri radioattive, di ceneri importanti, la magistratura non può imporre le bonifiche. La discarica è stata mal coltivata per anni. Nel momento in cui doveva essere bonificata è subentrato un contratto rispetto a quello precedente e la bonifica è passata in carico alla collettività. Anzitutto io vorrei capire questo arcano. Com’è che i profitti siano delle imprese che gestiscono la discarica e com’è che i costi gravino sulla collettività. All’improvviso esce quello che, ripeto, è il mio principale indagato…..

Farò una breve storia della discarica di Burgesi, per fare la quale devo fare la breve storia dell’imprenditore che oggi a 30 anni di distanza dell’accertamento dei fatti dice: in quella discarica sono sepolti 600 fusti contenenti Pcb. Quindi è una questione generalizzata questa. E’ una questione generalizzata la frequenza sul nostro territorio di discariche che non sono state monitorate. Quando la Procura gridava allarme, allarme per le ordinanze contingibili e urgenti degli anni ’90 ed è stato un grido di allarme inascoltato, in che cosa si è trasformato? In una minaccia seria per il territorio. Perché non c’è solo la Burgesi. Non vi dovete scordare che ci sono le discariche che abbiamo scoperto sotterrate sulla strada statale 275 . Non è che la Burgesi produce il cancro e le altre non ne producano. Soprattutto perché abbiamo dimostrato che in quelle discariche non ci sono rifiuti assimilabili agli urbani, ma ci sono rifiuti speciali provenienti dalle industrie calzaturiere. Abbiamo le etichette delle industrie. Quindi sono discariche mal coltivate, a prescindere che siano state mantenute in piedi in maniera illegale, con un’ordinanza contingibile e urgente. Dopo di che il titolare che aveva l’appalto e la gestione della discarica non fa altro che metterci una pietra sopra. Ma le discariche tombate, sapete meglio di me, che continuano a lavorare. Quindi ci stiamo tanto focalizzando sulla Burgesi, quando il nostro territorio siede su una serie di discariche sotterranee. Il fatto che siano state scoperte queste sulla 275 è solo perché sono andata a controllare il percorso della 275. Quindi c’è stato un controllo penetrante e abbiamo scoperto che c’erano queste discariche sotterrate. Ma questo non vuol dire che sono le uniche. Perché? Perché c’è stata una disattenzione del territorio. Quando non diciamo UNA COMPLICITA’. Perché gli amministratori nel corso degli anni, ciascun amministratore, deve sapere che cosa c’è sul suo territorio. E ci sono stati anche fondi europei che prevedevano la bonifica delle discariche. Queste discariche non sono state neanche denunciate. Allora dico: attenzione, l’allarme è eccessivo, ma ben venga l’allarme. Perché finalmente ci accorgiamo di non avere avuto per 30 anni attenzione sul territorio. E allora le cose non vanno svolte in emergenza. Cosa facciamo, diamoci da fare per la Burgesi? Vanno risolte prendendo cognizione di ciò che esiste sul nostro territorio. Ecco perché sono contenta che oggi ci siano i sindaci. Ogni sindaco deve sapere: che fine hanno fatto quelle discariche che per anni sono state mantenute in piedi con ordinanze contigibili e urgenti. Perché si fa un vero lavoro di emersione di questi fenomeni sotterrati. Perché la discarica, una volta sotterrata non è che smette di lavorare. Quando gli operai lavoravano nel fotovoltaico su una delle discariche che era sulla 275 sulla quale adesso c’è un campo fotovoltaico, (è l’unica che è stata messa in sicurezza perché l’impresa del fotovoltaico ha un interesse a sfruttare l’area e quindi a metterla in sicurezza) gli operai pensavano che sotto ci fosse l’inferno. Perché mentre lavoravano usciva il calore dei rifiuti che producono gas, biogas, calore e percolato che scende nella falda. E che percolato è? Non è un percolato da rifiuti solidi urbani o assimilabili, perché ci sono collanti, vernici, c’è di tutto. Allora attenzione. Quella zona rossa che avete visto (un’area centrale della provincia di Lecce attorno a Galatina-Maglie) dove dovrebbe essere la ricaduta famosissima, forse anche dell’Ilva e quant’altro. A proposito dell’Ilva il contrasto fra posti di lavoro e salute…. Non è così.

La contrapposizione non è fra posti di lavoro e tutela della salute. Ma fra eccessivo profitto degli imprenditori e salute. Questa è la questione. Allora, l’eccessivo arricchimento dei Riva ha prodotto i cancri. I posti di lavoro non significa che gli operai devono ammalarsi perché non vengono adeguati gli impianti, perché non c’è tutela del posto di lavoro a livello di prevenzione, anche interna dell’azienda. Quindi l’impresa non spende nella prevenzione degli infortuni sul lavoro, non spende per garantire una migliore qualità dell’aria, per garantire che quelle misure legislativamente previste a protezione dell’ambiente siano adottate. Quindi la conflittualità è fra eccessivo profitto dell’impresa e tutela dell’ambiente.

Io ho cercato di comprendere se le emissioni da valutare sul territorio (per quel benedetto ruolo di supplenza della magistratura che è così scomodo) e ho chiesto alla mia sezione di Pg della Forestale di farmi fare il monitoraggio degli insediamenti produttivi di quella zona. Ce ne sono una miriade. Perché il nostro inquinamento non è tanto quello di grossi impianti, ma di una serie di piccoli impianti sparsi sul territorio. Un esempio: le centrali a biomasse, i sindaci dicono sì, sì, ben vengano. Io non ho ancora trovato una centrale a biomasse che non dovrebbe produrre immissioni moleste, perché dovrebbe bruciare materiale lecito, per ottenere la Scia e la Dia. Tutte le centrali a biomasse che hanno formato oggetto di indagine della Procura con consulenza, vanno a digestato cioè bruciano rifiuti. Quindi quelle centrali a biomasse che vi mettete sul territorio, cari sindaci, sono insediamenti produttivi che però sono andati in Scia e in valutazione di impatto ambientale. Chi controlla? E’ possibile che il controllo sia riservato solo alla magistratura. Ogni cosa che interviene sul vostro territorio deve essere monitorata. Non è che ci possiamo ricordare dopo 30 anni che ci sono i cancri. E che cosa sono andata ad individuare in questi insediamenti tipo cementifici, calcifici e quant’altro? Che nessuno di questi ha le strumentazioni per la misurazione delle emissioni. Addirittura non hanno nemmeno le scale che consentano di accedere alla misurazione. La domanda è: considerato il limite di supplenza della magistratura al controllo del territorio, io che alternativa ho una volta che ho scoperto che tutta quella zona è interessata da insediamenti che non vengono controllati? Chiudere l’insediamento con un sequestro? Ancora una volta la conflittualità fra l’azione della magistratura e la tutela del posto di lavoro. Il controllo ci deve essere. Non è possibile che io oggi scopro che questi insediamenti non hanno le apparecchiature.. Possiamo dire che la gente nel Salento muore di cancro ma le fonti non sapremo mai quali sono perché non sono censite, perché non sappiamo cosa succede sul ns territorio. Sappiamo che c’è l’Ilva, non sapevamo che le immissioni dei cementifici non vengono misurate.

E veniamo alla questione Burgesi per fare chiarezza una volta per tutte, in modo che poi si possa dire che siate informati. Esce fuori questo inquinatore e dice quello che era stato già accertato non solo nel 2000 sulla discarica Burgesi, ma nel corso di questi anni. Quando a nessuno interessava come questa discarica venisse coltivata. Ho portato delle sentenze. Oggi sappiamo che nella Monteco c’è il Pcb, ma lo sappiamo da tempo che c’è il Pcb. E che cosa interessa sapere se sia quel Pcb che abbiamo trovato proveniente dai fusti o sia proveniente dal materiale particellare solido che in quella discarica scaricarono con un documento falso di un chimico che aveva attestato trattarsi di rifiuto solido urbano. Quindi formalmente e non in maniera occultata la discarica si è preso tutto il rifiuto particellare solido, tutti i rifiuti della filtrazione della Sea Marconi, un’azienda che aveva il brevetto per la de-alogenazione dei trasformatori dell’Enel. Questo vuol dire che tutti i trasformatori dell’Enel che altro non sono che rifiuto, venivano portati alla Sea Marconi, venivano ripuliti con questo processo di de-alogenazione e reimmessi. Però la Regione, all’epoca decise che quello era un impianto di trattamento di rifiuti (un trasformatore di cui l’Enel si disfaceva, e secondo la direttiva europea è un rifiuto). Quindi non si è voluto sapere cosa che cosa fece la Sea Marconi, fino a quando gli imprenditori soccombenti rispetto al monopolio di questo imprenditore cardine, non ci hanno detto: guardate che tutti i territori da Acquarica, Ugento e Presicce, sono impregnati di rifiuti di quei processi di de-alogenazione. Qual è la novità? Quindi abbiamo la 1^ sentenza del 2000. I rifiuti stavano nelle zone di Acquarica, Ugento, Presicce, nella discarica abbandonata di Burgesi e nella Monteco. Ma questo lo sappiamo dal 2000. Processo n. 11131 del 2000. Le imputazioni sono andate per la maggior parte prescritte; all’epoca queste erano contravvenzioni e per fare un processo di questo genere, con fior fiore di avvocati, ci abbiamo messo 4 anni di perizie e controperizie. Però sono stati condannati per il danneggiamento che hanno procurato a quei terreni che sono stati bonificati, presidenza della Regione Fitto, con fondi europei. Tutto quello che era all’esterno della discarica Burgesi.

E perché non si poteva intervenire sulla discarica? Perché significava andare ad operare sull’unica, diciamo, discarica all’interno della quale venivano trattati i rifiuti. Quindi era una discarica attiva; era la discarica al servizio di molti comuni e chiuderla significava ….. Ma è quella discarica, secondo la sentenza (a proposito di questo imprenditore che oggi dice: ma nella burgesi ci sono i rifiuti..). Non ti è “capitato” di vedere.. tu sei stato condannato per aver smaltito rifiuti a Burgesi. Quindi: “effettuava attività di trasporto, intermediazione e smaltimento di rifiuti prodotti dall’impianto di Sea Marconi residuati (attenzione, questo c’è nella discarica Burgesi) dalla reazione di de alogenazione di materiale contenente Pcb, costituito da granulato. Prodotti della chimica fine e prodotti chimici non precisati altrimenti. In particolare materiale di infiltrazione contaminati da composti organici alogenati…..” Già nel 2000 sapevamo questo.

Ma nella discarica di Burgesi c’è dell’altro, perché poi le indagini  nei confronti di quell’imprenditore che ha inquinato il Salento e che oggi è ritenuto attendibile, oggi viene a parlarci di reati ormai prescritti. All’improvviso i sindaci che, attenzione, a questo signore hanno continuato a dare appalti, nonostante fosse oggetto di indagini della magistratura, hanno consentito di continuare a smaltire rifiuti anche attraverso altre imprese, l’ultima delle quali la Lombardi Ecologica, che operava nelle discariche con gli uomini e con i mezzi dell’imprenditore che inquinava, nei cui confronti, nel frattempo, c’era una misura interdittiva antimafia. Non potendo operare direttamente gli abbiamo consentito…

Quindi di cosa ci stiamo meravigliando? Se le amministrazioni non sono state sensibili a tutto questo, oggi non possiamo allarmarci perché abbiamo scoperto che nella discarica Burgesi c’è il Pcb. Quindi la Burgesi è stata una discarica coltivata male. Chiunque vi abbia smaltito. Coltivata con rifiuti pericolosi. Dopo di che, anziché costringere chi ha introitato e che oggi deve pagare i conti .. Ma vi rendete conto di che cosa andiamo ad affrontare? E nella Monteco di Ugento non ci troviamo solo Pcb. Nel 2002-2003 abbiamo scoperto che sempre lo stesso imprenditore, nei cui confronti oggi il reato è prescritto (sono stati tutti condannati per traffico illecito di rifiuti, ma la Cassazione non è d’accordo sulla aggravante della mafiosità e questo consente di andare su e giù dalla Cassazione da 10 anni). Il fatto che oggi il reato sia prescritto nei confronti di questo imprenditore-inquinatore non vuol dire che i reati non ci siano. Perché la Cassazione dice che il reato c’era e che in quei luoghi sono stati trattati rifiuti di tutti i tipi. Tra questi luoghi di destinazione indovinate che cosa c’era? Oltre all’impianto di depurazione c’era la discarica di Burgesi. Mi chiedo dove fossero gli enti territoriali, dove fossero gli organi di controllo quando queste sentenze conclamavano questa realtà.  Ponendo in essere, tutti i soggetti, “scarichi di rifiuti liquidi in aperta campagna e strade di pubblico transito, con smaltimento degli stessi all’interno della discarica Monteco di Ugento non autorizzata alla ricezione di rifiuti liquidi… effettuando prelievo dei reflui, talvolta pericolosi, da aggregamenti produttivi con successivo scarico degli stessi nella Monteco di Ugento”.

Su sentenza passata in giudicato. Quindi, che oggi mi gridate al lupo, al lupo io vi dico: non potete… è una morte annunciata quella del popolo salentino per la disattenzione del territorio. E allora non mi serve oggi andare a scavare nella discarica alla ricerca dei fusti.  Ma che mi interessa? Mi interessa sapere come deve essere bonificata. Mi interessa quello che deve essere fatto dall’impresa. La caratterizzazione del rifiuto e la bonifica è ricompresa per legge. Costi quel che costi. Perché sono loro che hanno inquinato. Non può gravare questo sulla collettività. L’avete compreso bene? Quindi è inutile allarmarsi. Sono 30 anni che c’è questa situazione. Non si può dire oggi: o Dio che sta succedendo? Sta succedendo quello che da 30 anni succede su questo territorio. E non succede solo a Burgesi, succede su tutto il territorio.

Allora, o le amministrazioni si svegliano o non può essere un compito delegato solo alla magistratura che ricopre questo ruolo di supplenza e alla Asl. Quindi ben venga la sinergia. Ben venga la reciproca informazione. Io ringrazio la Asl di avermi dato questa opportunità di chiarimento. Però non può essere un compito delegato. La politica deve fare la sua parte, controllando quello che succede sul suo territorio. Non può svegliarsi all’improvviso. Scusate la veemenza. Però non può gravare sulle spese della collettività quella che deve essere un risanamento, una bonifica contrattualmente prevista. Dopo di che se vogliono essere erogati fondi comunitari, regionali per la bonifica.., ma quello che mi preme sottolineare:  NON C’E’ ALLARME. E’ una situazione comune a mezzo territorio salentino e non solo alla discarica Burgesi. Quindi non c’è allarme da questo punto di vista, nel senso che non c’è nessuna novità. Dopo di che ben venga il monitoraggio dei pozzi, che è l’unico modo per conoscere qual è lo stato attuale del territorio salentino, qualunque siano state le cause.  Un volta che la causa si è determinata non si può tornare indietro. Quindi l’unica cosa che emerge per migliorare lo stato del territorio salentino è la prevenzione. Che deve essere sicuramente un’azione sinergica. Quindi andiamo certamente a vedere da dove vengono i danni, cerchiamo di capire, ma può essere che non vengano solo da lì. Se pensiamo di fermare la falesia che crolla al mare con un’ulteriore cementificazione e con altro carico urbanistico .. Bisogna diminuire il carico urbanistico. Perché dalla Grecia, per esempio, l’intermediatore si è asservito alle imprese locali per rastrellare il nostro mare dalle oloturie. Non c’è più un oloturia nei nostri mari. Evidentemente perché anche in Grecia sanno che controlliamo poco il nostro Salento, anche in mare. In tutto l’Adriatico il fenomeno ha interessato solo le coste salentine. Ci vorranno 50 anni per ricostituire quell’humus. Questo significa che quel mare va verso l’eutrofizzazione perché le oloturie attivano un ricambio del mare. Quindi vi sono paesi senza fogna ma continuiamo a costruire villaggi. Non siamo in grado di garantire che tutto questo carico urbanistico non vada poi va a finire in mare . Nessuno verifica che i pozzi delle fogne funzionino. Che i pozzi delle ville non siano stati sfondati . Certamente non può essere un monitoraggio della magistratura. Aumenta il carico urbanistico, la produttività e nel frattempo il mare va a morire.

Allora, o ci svegliamo e prestiamo attenzione al territorio e a quello che succede e non garantiamo il nostro solo mangiare o il nostro ben vivere o la nostra vita da borghesi oggi. O ci preoccupiamo dei figli, che potranno avere dei nipoti, quindi un bene che è destinato a continuare. Quindi non consumiamo il nostro territorio e non continuiamo soprattutto .. .Noi spendiamo in termini sanitari (perché le cure dei cancri gravano sulla collettività) quello che andiamo a risparmiare non usando sul territorio e l’attenzione che il territorio richiede e non costringendo al rispetto della legge gli insediamenti e al rispetto delle misure di protezione dell’ambiente. Grazie».

Testo tratto da SaluteSalento.it

3 febbraio 2017

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