La lista “Veglie dei Cittadini” chiarisce la sua posizione sulla nomina degli scrutatori
La lista “Veglie dei Cittadini”, pur nella consapevolezza che il procedimento di nomina degli scrutatori, avvenuto ieri in Comune durante la riunione della Commissione Elettorale, sia un procedimento lecito e conforme al dettato normativo, comunica e precisa che le decisioni assunte dai Commissari, nominati dalla precedente amministrazione comunale, deve essere ascritta, esclusivamente, alle autonome determinazioni assunte dagli stessi, non avendo mai alcuno della lista, assunto decisioni su nomine, espresso preferenze o fornito indicazioni di sorta.
Il mio interesse e quello della compagine che rappresento, rivolto alla realizzazione di un programma concreto, attendibile e razionale, non può e non deve essere vanificato dall’uso pretestuoso e strumentale che, di tale episodio, si fa sui social network. Sforziamoci invece di soffermarci sulla circostanza che il nostro paese versa, da troppo tempo, in una situazione di stallo da cui è urgente uscire.
A questo e a ben altro di costruttivo pensiamo per Veglie, con l’unico obiettivo di rendere il nostro paese competitivo e moderno, operoso e produttivo, solidale e democratico, nell’interesse di tutti i cittadini.
Zanelia Landolfo
Candidato Sindaco “Veglie dei Cittadini”
“Chi ben comincia è già a metà dell’opera” recita un noto proverbio italiano. Sarà che la politica è fatta di persone sbagliate o che le persone sono sbagliate per la politica ma di questi tempi è difficile, arduamente improbabile, quasi impossibile che si trovino persone dal linguaggio facile. Beninteso, non si vuole sminuire chi col linguaggio lavora, come i rètori – ora avvocati, un tempo, sotto Roma, causìdicus e ancora prima, in Grecia, appunto, rhetores – che dovrebbero, anzi, devono svolgere la loro ‘funzione’ sociale. Tuttavia di retorica il cittadino non ne ha bisogno, semmai di politica – quella buona che Platone soleva distinguere dalla doxa che era opinione (apparenza) e quindi, spesso, retorica autoreferenziale o, peggio ancora, oratoria – la quale ha un fine: comunicare con i cittadini, i polìtes. Di questa “virtù” del linguaggio, che si manifesta attraverso l’immediatezza, la schiettezza e la veracità delle parole, pochi ne sono dotati. Parole come “ascritta”, “autonome determinazione”, “strumentale” ecc. denotano proprio l’assenza di politica perché sono prive di contenuto comunicativo, quasi, oserei dire, ibride perciò vacue: vuote. Questo processo di deriva linguistica, in uso presso politici, burocrati e avvocati, ha diversi scopi. Ad esempio. Non esporsi oltre il dovuto verso l’elettore. Oppure, distorcere o quanto meno rendere poco chiara la realtà dei fatti così come avvenuti. Ancora. Spersonalizzare o, come nel caso specifico, personalizzare le azione dei singoli in modo che appaia poco chiaro chi sia stato a compierle. La politica non ha bisogno di comunicati ma di comunicazione. Questa deve essere chiara, semplice e accessibile. Solo così si compie la vera funzione della politica che è quella di comunicare, nella maniera sopra vista, ma anche di ascoltare, saper ascoltare i bisogni dei cittadini.