Anna Maria Russo e Yvan Rettore: «MORTE DI UN ALBERO IN VIA ITALIA NUOVA»

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MORTE DI UN ALBERO IN VIA ITALIA NUOVA

Lettera di Anna Maria Russo e Yvan Rettore:

VEGLIE, 8 Marzo 2021 – Oggi è morto un albero in via Italia Nuova a Veglie, uno degli ultimi rimasti.

Aveva visto nascere la maggior parte dei suoi abitanti e coloro che la frequentano quotidianamente.

Era sopravvissuto all’abbattimento generalizzato dei suoi fratelli vicini e resisteva imperterrito solitario in quella via in cui ormai pochi lo amavano davvero.

Era di taglia modesta ma dava fastidio ai più perché toglieva spazio ad un ulteriore parcheggio in una via che ormai viene invasa ogni giorno da centinaia di macchine.

E allora questa gente malvagia ha cominciato la sua opera distruttiva.

Prima rovinandone il tronco alla base, poi buttando dell’acqua calda e della candeggina nelle sue radici e poi cercando di spingerlo più giù.

La legge degli uomini aveva decretato che doveva morire perché secondo i loro autori la sua presenza poteva essere un potenziale pericolo per i pedoni e le macchine.

Un albero alto appena tre metri e con un tronco di modeste dimensioni rappresentava una minaccia come se fosse stata una sequoia o un platano.

Quanta assurdità in questa legge degli uomini a giustificare lo sradicamento di questa fonte preziosa di vita che sono gli alberi!

Perché queste meravigliose creature del nostro mondo non vanno abbattute, ma curate, accudite e valorizzate in quanto rappresentano la garanzia stessa dell’esistenza di ogni essere su questo pianeta.

E’ grazie a loro che respiriamo e non attraverso i veleni delle nostre macchine e le colate di cemento e asfalto dei centri urbani ormai intristiti e grigi di smog e pieni odori sempre più sgradevoli.

Quell’albero indomito ha continuato però a resistere e ha tentato disperatamente di aggrapparsi alla vita e questo anche se le sue foglie malate facevano vedere quanto soffrisse.

Poi stamane sono arrivati gli uomini incaricati di ucciderlo e di farlo sparire letteralmente dalla faccia della terra tanto da coprire perfino di asfalto ciò che rimaneva del suo ceppo.

Ora quell’albero fiero che ci salutava dall’alto del suo fogliame ogni volta che uscivamo e rientravamo a casa non c’è più e nessuno sa chi abbia dato l’ordine di far eseguire la sua condanna.

Ma tanto cosa importa?!

Se fosse stato curato e amato quella fonte di vita avrebbe potuto campare ancora per numerosi anni e rinfrescare la nostra casa con la sua ombra preziosa.

Invece sono stati più importanti i regolamenti assurdi e occupare un misero terreno di qualche decina di centimetri per consentire agevolmente un altro parcheggio.

Personalmente proviamo una grande amarezza per questa inaudita cattiveria, perché tanto un albero non si può difendere e se dà fastidio basta abatterlo in nome di un progresso inserito nel solco di una involuzione che potrà soltanto a stare sempre peggio in un mondo in cui basterebbe davvero poco invece per stare meglio tutti a cominciare dal rispetto del creato.

Anna Maria Russo e Yvan Rettore

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