GRAZIE A DIO LA MACCHIA NON MUORE MAI…
(Lettera del dott. Fabio COPPOLA)
Un grammo di zolfo. Tanto basta per innescare un incendio estivo. E tanto vale un individuo che lo provoca intenzionalmente.
Non è necessaria destrezza, ingegno, o altre capacità fisiche o psichiche, poiché è un’azione criminale che il più comune dei balordi sarebbe in grado di compiere.
Non serve neanche il coraggio se messa in atto in un’area agricola priva di sorveglianza e poco frequentata, perché la probabilità di essere colti in flagrante è bassissima.
Domenica tre agosto il fuoco è tornato a Veglie, in contrada “Lupomonaco”. E’ il terzo episodio della stagione. Stavolta di macchia mediterranea ne è bruciata tanta, la parte meglio conservata; neanche l’alberello di leccio più alto (più di tre metri), indenne da circa quindici anni, è stato risparmiato. Anche alcuni uliveti confinanti sono stati danneggiati.
Nel 2013 il Piano Paesaggistico Territoriale Regionale della Puglia ha inserito l’area suddetta nella categoria dei boschi e delle macchie.
La L.353/2000 in materia di incendi boschivi prevede che le zone boscate e i pascoli percorse dal fuoco non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all’incendio per almeno quindici anni. Sono vietate per cinque anni, nelle aree predette, attività di rimboschimento e ingegneria ambientale realizzate con finanziamenti pubblici. Sono vietati per dieci anni, solo sulle aree boscate percorse da fuoco, il pascolo e la caccia, con pesanti sanzioni per i trasgressori. Inoltre i Comuni sono tenuti al censimento annuale delle aree percorse da fuoco, tramite apposito catasto.
Grazie agli incendiari tra poche settimane potremo ammirare la grandezza della natura, quando dalle ceppaie incendiate noteremo ricacciare nuova vegetazione. Perché la macchia può bruciare; ma in quanto “erba cattiva” e creazione di Dio, la macchia non muore mai.
Veglie, 8/8/2014
Dott. Fabio Coppola