«L’Altrove. Appunti di Poesia» intervista BENEDETTA PATI

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Benedetta Pati
Benedetta Pati

Nella rubrica “Giovani Poeti” del sito “L’Altrove” una pagina dedicata alla vegliese Benedetta Pati

>>>Sito Ufficiale “L’Altrove. Appunti di Poesia”

Il sito “L’Altrove”,  fondato da Dalila e Daniela, si propone di ripercorrere la storia della poesia fino ai giorni nostri e di restituire alla poesia quel ruolo di supremazia che ultimamente ha perso, e allo stesso tempo di farla conoscere ad un pubblico sempre più vasto, con azioni molteplici. Secondo le fondatrici, la poesia è ancora portatrice di emozioni, sentimenti, fantasie e sogni.

All’interno del sito è stata realizzata una rubrica dedicata ai giovani poeti che vengono intervistati per farli conoscere ad un pubblico più vasto insieme alle loro opere.

Grazie ad un concorso di poesia, “L’Altrove” si è interessata all’autrice Benedetta Pati e ha ritenuto opportuno dedicare alla poetessa vegliese (nonché attrice e appassionata di teatro)  una paRiportiamgina con un’intervista.

Riportiamo di seguito l’intervista integrale pubblicata sul sito “L’Altrove”:

Giovani Poeti: Benedetta Pati

Grazie, Benedetta. Che rapporto hai con la scrittura ?

La scrittura sono io. Per qualcuno forse questa frase potrà risultare presuntuosa ma mai come in questo momento mi sento sicura nel dirlo. Per me, scrivere, rappresenta, allo stesso tempo, una via di fuga e una fonte di conforto: fuga da un mondo ormai troppo vuoto e unidirezionale e conforto regalato dal potere dissolvente che ha sempre avuto questa arte nella mia vita. Scrivere, testi poetici ancor più, è un modo per far scivolare lentamente su di sé la propria esperienza e, attraverso l’accostamento di immagini e parole, creare potenti immagini delle nostre esperienze. Cosa resterebbe, altrimenti, di ogni impercettibile sensazione? Rendere arte le emozioni è quanto di più sublime e magnifico possa esserci ed io e la scrittura abbiamo deciso di provarci. Di essere. Di esistere e farci sentire. Assieme.

C’è stato qualcosa o qualcuno che ti ha portato a iniziare a scrivere?

Fatico a ricordare il giorno in cui ho composto per la prima volta una rima ma, a giudicare dal mio vecchio quadernone di poesia, questo desiderio deve essere nato parallelamente a me e alla mia insaziabile voglia di “raccontare”.
Da bambina scrivevo del mondo, parlavo di amici e di nemici, di mestieri e di cucina, di paesaggi e di animali. Crescendo la mia prospettiva si è ristretta e ho iniziato a scrivere per chi mi circondava sino ad arrivare ad oggi e, per la prima volta, chiedermi: “Io, adesso, per chi scrivo?”.
Non sono in grado di dare una risposta adeguata, so soltanto che quest’esigenza sta crescendo sempre di più in me e tale consapevolezza è semplicemente magnifica.

C’è una poesia di un autore particolare che senti tua?

Sì. Mi piace credere nella spontaneità e nell’immediatezza delle cose e, la mia immediatezza, mi ha subito suggerito “Amore a prima vista” di Wislawa Szymborska. È una poesia diretta, fatta di immagini e scene quotidiane, parla d’amore e di fatalità: racconta piccole verità.

Amore a prima vista 

Sono entrambi convinti
che un sentimento improvviso li unì.
E’ bella una tale certezza
ma l’incertezza è più bella

Non conoscendosi, credono
che non sia mai successo nulla tra loro.
Ma che ne pensano le strade, le scale, i corridoi
dove da tempo potevano incrociarsi?

Vorrei chiedere loro
se non ricordano –
una volta un faccia a faccia
in qualche porta girevole?
uno “scusi” nella ressa?
un “ha sbagliato numero” nella cornetta?
– ma conosco la risposta.
No, non ricordano.

Li stupirebbe molto sapere
che già da parecchio tempo
il caso stava giocando con loro.

Non ancora del tutto pronto
a mutarsi per loro in destino,
li avvicinava, li allontanava,
gli tagliava la strada
e soffocando una risata
si scansava con un salto

Vi furono segni, segnali,
che importa se indecifrabili.
Forse tre anni fa
o lo scorso martedì
una fogliolina volo via
da una spalla a un’altra?
Qualcosa fu perduto e qualcosa raccolto.
Chissà, era forse la palla
tra i cespugli dell’infanzia?

Vi furono maniglie e campanelli
su cui anzitempo
un tocco si posava sopra un tocco.
Valigie accostate nel deposito bagagli.
Una notte, forse, lo stesso sogno,
subito confuso al risveglio.

Ogni inizio infatti
è solo un seguito,
e il libro degli eventi
è sempre aperto a metà.

E una poesia che invece avresti voluto scrivere tu?

Mi viene da sorridere. Probabilmente avrei voluto scrivere ogni testo della Symborska. Anzi, avrei voluto dire ogni parola di Wislawa, la ammiro molto e ascoltare la sua esperienza ha fatto di me la poetessa che sono. La verità è che lei mi ricorda terribilmente i miei nonni e, nella mia vita, non avrei potuto essere accompagnata da consiglieri migliori di loro.

Un testo che avrei voluto scrivere io? Sinceramente? D’istinto? “Quando sarò capace d’amare” di Giorgio Gaber.
Si tratta di un testo tanto semplice quanto profondo. È la trascrizione dell’amore, quello vero. Quello di cui tutti noi dovremmo imparare ad avere bisogno.
Potessi esprimere un desiderio chiederei di tornare indietro nel tempo ed assistere in silenzio al momento in cui il gran poeta ha composto questa irragiungibile verità.  

Un poeta che ammiri?

Come avrete capito Wislawa, la mia quinta nonna, è, per me, una stella cometa. Accanto a lei, però, nomino con grande delicatezza Mariangela Gualtieri. Seguo questa grande scrittrice da diversi anni ormai e trovo ogni suo lavoro sublime. Come Mariangela, anche io amo il teatro e credo che, tra le altre cose, questo sia stato uno dei motivi che ci ha legate, spero, per sempre.

Mi permettete di nominare un secondo mentore al quale spalanco il mio grazie? Gianni Rodari. Quale giovane scrittore può sperare di trasmettere emozioni se prima non ha conosciuto la genuinità di questo dolce babbo dei poeti? Io, a Gianni, voglio davvero un gran bene. 

Ecco quindi alcune sue poesie:

#25

Tu ci credi nelle stelle?
Io le vedo, questo so.

Tu ci credi nei perché?
Me lo chiedo, non lo so.

Tu ci credi nel destino?
Io lo vivo, chi lo sa.

Tu ci credi nel futuro?
Io qui, ora, poi chissà.

Tu mi credi?
Tornerò.

Tornerai?
Proverò.

#34

Lei era libera.
Lui solo era.
Lei già non c’era.
Lui esisteva.
Lei con coraggio.
Lui con paura.
Lei con orgoglio.
Lui senza fuga.
Lei lo guardò.
Lui impallidì.
Lei lo baciò.
La luna svanì.

Sa dirmi per caso l’orario del treno?

Quello dei sogni, dei desideri.
Mi han detto che passa da questo binario
ma è già da un pezzo
che sono qui.
Sa la mia vita danza e traballa,
se sono triste è per colpa sua:
continuamente dona e sottrae
e, solitaria, a tratti va via.
Quando non c’è io provo a fuggire,
senza pensieri corro veloce
e oggi l’ho fatto:
sono scappato.

    Mi scusi, il mio treno è già passato?

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