Berardo, Ottone, Pietro, Accursio e Adiuto: I Santi Protomartiri raffigurati negli affreschi sulle porte delle cellette del Convento dei Frati Minori Conventuali di Veglie
Ancora una “Pillola” di Storia del nostro Paese messo a disposizione di tutti i Vegliesi
VEGLIE – Riportiamo alcune notizie sui tesori artistici presenti a Veglie raccolte e messe a disposizione dall’appassionato di Storia Locale Cosimo Fai già autore di altre importanti pubblicazioni e articoli sulla Storia del nostro Paese.
In questa pagina si riprende il discorso sugli affreschi presenti nel Convento dei Frati Minori Conventuali di Veglie già intrapreso con altri due articoli riguardanti l’affresco che si trova sulla porta centrale del refettorio (Capitolo delle Stuoie – «Iacta Super Dominum Curam Tuam») e uno sull’affresco del DUNS SCOTO: Il “Dottore” dell’Immacolata.
All’affresco presente nella sala del refettorio sono strettamente legate le immagini che si possono ammirare sulle porte delle ultime cellette della clausura, al primo piano dello stesso convento.
Gli affreschi, o almeno quello che ne rimane, raffigurano Berardo da Calvi, Ottone da Stroncone, Pietro da Sangemini, Accursio da Aguzzo e Adiuto da Narni (come si nota dai nomi sono frati provenienti dai “Castelli” dell’Umbria meridionale), convertiti nel 1213 dalla predicazione di frate Francesco a Terni e dintorni e uccisi in Marocco il 16 gennaio 1220. Essi sono i “cinque protomartiri francescani” la cui cruenta vicenda è narrata da una “Cronaca anonima”, opera di un testimone oculare dei fatti. Dei cinque frati sono attualmente visibili nel convento di Veglie solo tre volti.
Sul corpus iconografico dei Protomartiri francescani si rimanda a:
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GIUSEPPE CASSIO, Modelli da imitare e santi da acclamare. Tragedia e trionfo nell’iconografia dei Protomartiri francescani tra Europa e Brasile, in Dai Protomartiri francescani a sant’Antonio di Padova (atti della Giornata internazionale di studi, Terni 11 giugno 2010), a cura di LUCIANO BERTAZZO – GIUSEPPE CASSIO, Terni 2011.
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PAOLO ROSSI, Francescani e Islam. I primi cinque martiri Anghiari (Arezzo), Intra Tevero et Arno 2002 pp. XI-126 tavv. XXXII
dal sito “festivaldelmedioevo”:
La storia dei cinque Protomartiri Francescani ha inizio durante il capitolo di Pentecoste, al quale aveva preso parte – come osservatore – anche San Domenico con sette suoi frati. Durante la grande assemblea era stato affrontato il tema delle missioni in terra islamica: l’anno precedente, infatti, frate Egidio e frate Eletto erano partiti alla volta della Tunisia: il primo era stato fermato dagli stessi cristiani – che temevano rappresaglie – e imbarcato su una nave per l’Italia. Frate Eletto invece, molto giovane e gracile, era rimasto nel paese musulmano, dove sarebbe morto tragicamente.
La sua scomparsa aveva galvanizzato i frati, dando nuovo impulso alle missioni all’estero: ecco dunque che al capitolo di Pentecoste vennero decise le nuove partenze per la Germania, la Francia, l’Ungheria e la Spagna, che doveva servire da ponte naturale per il Marocco, verso cui lo stesso Francesco aveva già tentato invano di avventurarsi.
Iniziò così l’avventura di Berardo, Pietro, Ottone, Adiuto, Accursio e Vitale che partirono per il Marocco per svolgere la loro missione. “Figli miei diletti – aveva detto Francesco a detta del Martyrum quinque fratrum minorum apud Marochium scritto, secondo la tradizione, nel 1221 – Dio mi ha ordinato di mandarvi nel paese dei Saraceni per confessarvi e predicarvi la sua fede e combattere la legge di Maometto”. “Anche io – aveva aggiunto – andrò tra gli infedeli in un’altra regione e invierò altri frati in ogni parte del mondo. Preparatevi, dunque, figli miei, a compiere la volontà del Signore”.
(fine citazione. Altre notizie>>>)
Non intendo qui dilungarmi sulla descrizione del martirio dei cinque francescani che si può facilmente trovare con una semplice ricerca. Inoltre è ben descritta, in tutti i suoi particolari, nella pubblicazione citata del Paolo Rossi nella cui ultima parte, così descrive il martirio dei cinque francescani:
I cinque prigionieri vennero allora trasportati nel carcere principale di Marrakesch. Dopo tre giorni di detenzione, Berardo, Accursio, Adiuto, Pietro e Ottone vennero spogliati, legati, colpiti e frustati a sangue. Il principe si incaricò personalmente dell’interrogatorio.
Ma i cinque cercarono, ancora una volta, di convertirlo, minacciandolo delle pene dell’inferno. Abosaid ordinò dunque che, condotti separatamente in case diverse, ricevessero un’ulteriore dose di frustate. “Allora – scrive Giacomo Oddi in La Franceschina – furono loro messe la fune al loro colli como ad bestie, e tiravanli in qua e là mandondoli como animali salvati frustandoli e percotendoli per fine all’effusione del sangue”.
Sulle ferite dei frati venne versato aceto e olio bollente e i corpi dei religiosi furono trascinati per tutta la notte su pezzi di vetro.
Scrive la fonte cristiana: “Erano ben trenta i saraceni che con inaudita crudeltà, infierirono sui nostri eroi. Gli aguzzini si presero un po’ di riposo prima dell’alba. E nel dormiveglia ebbero tutti la stessa visione: sembrava loro che una fulgida luce discesa dal cielo, dopo aver avvolto i corpi straziati dei cinque frati, li avesse trasportati in Paradiso, tra un’innumerevole schiera celeste”. Risvegliatisi, vennero rassicurati da don Pedro che i cinque erano ancora in carcere.Trascinati nel palazzo del Miramolino, totalmente, nudi, con le mani legate e il sangue che continuava a uscire dalla bocca, i frati vennero condotti per le strade, spinti dallo schioccare dei colpi dei frusta. Abosaid tentò per l’ultima volta di convincere i cinque a ritrattare le frasi dette contro gli islamici e contro Maometto, promettendo il perdono. Ma frate Ottone rispose mandando al diavolo “la legge empia” e bestemmiando contro il profeta Maometto. E sprezzante, chiuse il discorso sputando a terra.
Finalmente, pensarono i francescani, era giunta l’ora del martirio. Il principe arabo fu costretto ad arrendersi di fronte all’ostinato atteggiamento dei cinque frati. Li rimandò allora dal padre che tentò, ancora una volta, di convertirli promettendo donne, ricchezze e posti d’onore. Ma ricevette l’ennesimo rifiuto.
A questo punto fu lo stesso Miramolino – secondo Giacomo Oddi – a decapitare i cinque “per mezzo la fronte, et ne tagliare ce ruppe tre spade, sempre ferendo più crudelmente. Et quilli santi frati, sempre chiamando el santo nome de Yehsu, portaro con alegreza et gaudio patientemente quillo santo martirio, per amocre de crocefixo Yeshu Christo, rendendo l’anime loro cun gloriosa corona de martirio ad l’omnipotente Dio”.
Degli affreschi dei Protomartiri presenti nel Convento di Veglie ho personalmente interessato inviando foto e dettagli allo studioso dott. Cassio Giuseppe che così ha risposto riguardo le suddette immagini:
“Ho osservato attentamente le immagini che ha allegato e posso sicuramente dirle che si tratta di tre personaggi francescani che corrispondono iconograficamente ai primi martiri dell’Ordine con particolare riferimento a san Berardo e compagni. Sono tutti racchiusi in eleganti medaglioni vegetali e recano gli strumenti con i quali si è tramandata la loro fortuna iconografica, vale a dire la spada e i coltelli conficcati rispettivamente nel capo (a indicare il macabro sezionamento dei corpi post mortem), sul petto e sul collo. Uno di questi reca il libro (che potrebbe riferirsi al Vangelo o alla Regola) e ne indica il contenuto. Difficile identificare il nome di questi tre personaggi, che forse sono gli unici pervenuti a noi visto il precario stato conservativo dei brani pittorici. Rimane la lettera iniziale “S.” che identifica la qualifica del personaggio ma non è sufficiente per individuare se sia uno rispetto ad un altro. Mi piace mettere in relazione tali testimonianze con il territorio che le accoglie. In un articolo comparso su “Italia francescana” metto in relazione la vittoria cristiana a Otranto con la cosiddetta canonizzazione dei primi martiri dell’ordine quale gesto politico finalizzato ad una propaganda anti islamica di cui il Regno di Napoli si fece promotore con gli sforzi messi in campo per salvare Otranto dall’invasione dei turchi. Tale legame culturale è ben espresso nella meravigliosa pala di altare della basilica di San Lorenzo a Napoli, primo manifesto iconografico dei nuovi santi francescani, dove peraltro compare per la prima volta la sega che a questo punto mi permetto di collegare ai suoi esemplari quale possibile fonte iconografica.”
[***]Giuseppe Cassio, Terni
22 Marzo 2017
Cosimo Fai