Una lettera apre il cassetto dei ricordi del dott. Giuseppe Alù
Introduzione:
È arrivata in questi giorni alla redazione di Veglie News una lettera che ci ha portato indietro nel tempo. Una piacevole lettera che ci ha dato la conferma che tutto è “memoria” e che la vecchia versione di veglienews è un archivio storico a disposizione di tutti.
Nei primi anni 2000, quando ancora i Social non esistevano, le nostre pagine erano un punto di ritrovo per tanti vegliesi e non vegliesi (vecchio sito >>>www.veglienews.it ). Tra questi ultimi, una delle più presenti con le sue lettere era Dania da Milano. I suoi scritti erano sempre di grande interesse, che si trattasse di libri, di storia, di cultura, di ambiente, di società, di persone o di qualsiasi altro argomento possibile anche non legato a Veglie.
Una di queste lettere, scritta nel 2003, è riaffiorata dopo quasi 20 anni grazie alla testimonianza inviataci dal magistrato Giuseppe Alù (>>>www.filodiritto.com/dott-giuseppe-alu – >>>www.asterios.it/autori/giuseppe-alù ), di origini siciliane e residente in Veneto che con grande piacere riportiamo sulle nostre pagine.
La lettera del dott. Alù si apre riportando esattamente lo stralcio riguardante don Omobono tratto dalla pagina del 2003 scritta da Dania (lettera integrale >>>La solitudine dei preti scomodi – Dania 2003 ) e poi prosegue con la sua personale testimonianza.
Di seguito la lettera del dott. Giuseppe Alù:
Sono Giuseppe Alù. 86 anni, magistrato, residente in Veneto.
Ho conosciuto don Omobono Busolli nel 1960 quando officiava presso la chiesa medievale di San Giovanni a Porta Latina di Roma.
Chi conosce Roma sa quanto affascinante sia quella chiesa, al tempo silenziosa e spirante spiritualità.
Con la mia fidanzata di allora lo contattammo per poterci sposare in quella chiesa fantastica incredibilmente suggestiva. Entrammo subito in simpatia. Era un giovane aperto, allegro, intelligente. Un prete come allora non se ne incontravano spesso. Lo andammo a trovare più volte e parlammo di tante cose, della Chiesa, della politica, della società. Noi giovani, all’epoca contestatori anzitempo, trovavamo in lui “rosminiano” una sponda che non ci aspettavamo.
Ci sposammo nella sua chiesa il 6 aprile 1961 e don Busolli fu da una parte serio e consapevole dall’altra amichevole e complice. Una persona incantevole, anche se prete, dicevamo.
Nel 1962 nacque una nostra figlia e noi volemmo farla conoscere al caro don Omobono. Andammo a San Giovanni e non lo trovammo più. Erano tempi di una Chiesa scura e brutale. Ci dissero che era stato trasferito in Sicilia, a Trapani. A Trapani del 1961! Lui così esuberante, attivo, spregiudicato.
Ci dispiacque tantissimo per lui e per noi che avevamo perso un interlocutore straordinario.
Io sono siciliano e non mollammo. Decidemmo di andarlo a trovare a Trapani, città lontana dalla mia provincia di nascita. Prendemmo la piccola e partimmo (in treno, non avevamo auto all’epoca). Dovevamo fargli una sorpresa. Viaggio lunghissimo: Roma – Villa San Giovanni, Messina – Palermo, Palermo – Trapani. Cercammo la sua parrocchia e ci presentammo. Grande fu la sua emozione. Gli vennero le lacrime agli occhi. Capivamo che stava male, in un paese tanto diverso dalla sua mentalità, così duro e refrattario alle idee nuove e belle del povero parroco. Vide e benedisse la nostra piccola e ci lasciammo commossi, con la promessa di rimanere in contatto.
Non ebbero risposta le nostre lettere e sapemmo che era stato ancora trasferito, ovviamente ancora per punizione, in altra località. Da allora ne perdemmo le tracce. Era una conoscenza eccezionale.
Ora, nel 2022 in un momento di ricordi, ho cercato nella rete il nome del nostro sacerdote se per caso fosse stato citato per qualche motivo, ed ho trovato le notizie di cui sopra.
Perché scrivo queste cose che non interessano a nessuno?
Mi vengono in mente i versi che Garcia Lorca dedicò al grande torero Ignacio Sanchez Mejìas ucciso nella plaza di Manzanares: “Tarderà molto a nascere, se nasce, un andaluso così puro…”.
Io non dimenticherò don Omobono Busolli.
Giuseppe Alù