«IL PORTAFOGLIO DELL’EDUCAZIONE» Una Storia di Rispetto e di Speranza

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Ogni giorno leggiamo tante Storie su profili facebook dei nostri amici. Le leggiamo, a volte sorridiamo,  a volte riflettiamo, qualche volta ci emozioniamo. Questo è  proprio quello che mi è successo  leggendo la Storia  che è accaduta all’amico Matteo Sabato e che lui stesso ha voluto condividere con i suoi Amici. Ho chiesto a Matteo se potevo prenderla dal suo profilo e pubblicarla. Mi ha dato il consenso e con molto piacere la condivido con i lettori di VeglieNews.

«IL PORTAFOGLIO DELL’EDUCAZIONE»  Una Storia di Rispetto e di Speranza

Storia di un episodio personale di Matteo Sabato

Ieri pomeriggio ho perso il portafoglio. Ma non è questo che voglio raccontarvi. O forse sì.

Sono arrivato a Lecce nel primo pomeriggio con l’intento di incontrare i librai della città e parlare loro della collana Rendez-vous. Ho parcheggiato, come mio solito, nei pressi dell’Archivio di Stato e ho fatto una lunga camminata verso il centro.

Mentre mi trovavo nella seconda libreria, ho scelto un libro da acquistare e sono andato a pagare. In quel momento mi sono accorto che nello zaino non c’era più il portafoglio.

Preso dal panico sono tornato di corsa alla macchina perché speravo di averlo lasciato dentro.

In macchina non c’era niente.

Così sono scappato verso la prima libreria che avevo visitato e ho chiesto, senza sperarci troppo, se avessero trovato qualcosa.

Niente.

A quel punto, ormai in preda allo sconforto, mi sono diretto verso l’auto per raggiungere il comando dei Carabinieri e sporgere denuncia di smarrimento, pensando già ai problemi che questo avrebbe comportato. All’interno c’era una carta di identità appena rinnovata, la patente, il bancomat e la carta di credito, dei soldi non miei (di miei, ahimè, non ce ne stanno mai).

Sulla via del ritorno, ho ricevuto una chiamata da un numero che non conoscevo. Era la Questura: qualcuno aveva trovato il mio portafoglio e l’aveva portato lì.

Ho pensato che esistono le buone persone in questo mondo e mi sono recato felice a recuperare ciò che avevo perso nell’ultima mezz’ora: il borsellino e gli anni di vita.

Quando sono arrivato lì, l’agente che mi ha chiamato, mi ha spiegato che un ragazzo senegalese, andando a lavorare, ha trovato il portafoglio e l’ha consegnato alla Questura.

A me la cosa non ha stupito ma sono esploso di felicità all’idea che fosse stato proprio un ragazzo immigrato a farlo.

Eh sì, tacciatemi pure di demagogia spicciola, ma io sono felice e non solo perché questo episodio lo posso raccontare con orgoglio in faccia ai razzisti e xenofobi che popolano questo ambiente, ma perché io, ieri sera, a Lecce, sono stato profondamente educato.

E qui inizia la vera storia.

È un freddo pomeriggio di gennaio e io vado a Lecce per alcuni impegni lavorativi. Scelgo di parcheggiare in un quartiere che mi è caro per i trascorsi di ricerca presso l’Archivio di Stato. In quella zona vivono diverse famiglie e ragazzi soli extracomunitari. Trovo posto davanti a una delle loro case e prima di fermarmi un pensiero mi attraversa la mente: sarà sicuro qui? Lo penso e nello stesso tempo scatta un contropensiero: “Sono uno sporco razzista e merito di essere educato al rispetto. Perciò l’auto la lascio proprio qui perché le mie paure ancestrali e infondate non minaccino la dignità umana”. E così lascio la macchina proprio lì dove ho paura di lasciarla.

Scendo, vado in centro, entro in una libreria, poi in un’altra e devo acquistare un libro. La mia prima scelta ricade su “The hate u give” di Angie Thomas, una potente storia che racconta la cruenta realtà del razzismo contro gli afroamericani, non ancora sopito, negli Stati Uniti del XXI secolo. Lo scarto, “lo leggerò un’altra volta, penso”, e scelgo un altro libro.

Vado a pagare e mi accorgo di aver perso il portafoglio. Il resto lo conoscete già.

Il resto, e che resto, si chiama Khassoum, ha 30 anni, viene dal Senegal, vive a Lecce, ed è un ragazzo che abita lì dove ho parcheggiato la mia auto: è uscito di casa per andare a lavorare, ha trovato il mio portafoglio per terra, mi ha cercato per tutto il quartiere prima di portarlo in Questura. E poi quando gli ho scritto per ringraziarlo, mi ha anche risposto: “Sono veramente contento perché volevo che tu ritrovassi il tuo portafoglio!”.

Khassoun è un ragazzo onesto, molto più onesto del mio pensiero barbaramente avvinto da pregiudizi che emergono quando penso di esserne immune. Khassoun è la mia personalissima forma di educazione, è la forma di educazione che la vita o Qualcuno più grande di me ha voluto rivolgermi per rendermi più umano, più giusto, come il mondo in cui spero che io e Khassoum potremo vivere senza che la mia e la sua vita siano un problema per qualcuno.

Naturalmente poi sono tornato in libreria e ho comprato “The hate u give”

Matteo

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