«IACTA SUPER DOMINUM CURAM TUAM»

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Interpretata l’esortazione di San Francesco sull’affresco presente nel refettorio del Convento  Francescano di Veglie

Continua il lavoro degli studiosi della Storia di Veglie alla scoperta dei segreti del nostro paese

Cosimo Fai completa uno studio già avviato con la descrizione dell’affresco del  “Capitolo delle Stuoie” presente nel Convento di Veglie

(Pubblicazione a cura di Cosimo FAI)

“Iacta super Dominum curam tuam, et ipse te enutriet; non dabit in aeternum fluctuationem iusto” (Affida al Signore il tuo affanno ed egli ti darà sostegno, mai permetterà che il giusto vacilli).

In un precedente articolo (>Capitolo delle Stuoie) avevo indicato le coordinate letterarie per poter meglio leggere l’affresco che sovrasta la porta di ingresso del refettorio dell’ex convento dei Frati Minori Conventuali di Veglie. Era, cioè, il capitolo diciottesimo dei Fioretti di San Francesco. Ma l’esegesi di questo dipinto non è ancora completa, poiché alcune parti, oramai mutile e perciò non più riferibili ad una iconografia certa non permettono una completezza espositiva (l’immagine che è posta al vertice dell’affresco  per “similitudine” con altri affreschi  che ritraggono lo stesso soggetto, potrebbe riferirsi alla figura dell’Immacolata Concezione). Tuttavia, un’altra parte dell’affresco ha sempre sollecitato la mia curiosità e ha rappresentato, per me, una vera sfida. All’osservatore attento non è sfuggita quella linea incisa che parte dalle labbra di San Francesco ed è rivolta ad uno stuolo di frati, verso destra di chi guarda, e si perde a sfinire, supporto e guida di una esortazione apostolica, annuncio di una eterna novità tutta francescana. Elemento pittorico che consente fisicamente la trasmissione di un messaggio:

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«Iacta super Dominum curam tuam, et ipse vos enutriet»

Una breve e semplice frase che anticipa quanto sarà confermato nella regola bollata del 1223, che così inizia:

CAPITOLO I

NEL NOME DEL SIGNORE! INCOMINCIA LA VITA DEI FRATI MINORI

  1. La Regola e vita dei frati minori è questa, cioè osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo, vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità.

Obbedienza, povertà e castità.

Inutile sottolineare il rapporto che legava San Francesco a Madonna Povertà. Tutto è stato scritto.

Nella regola definitiva Francesco spiega ai suoi frati in modo chiaro e inequivocabile il suo concetto di povertà, quali ne siano i fondamenti e quali i valori salvifici: “I frati non si approprino di niente, né casa, né luogo, né cosa alcuna. E come pellegrini e forestieri, servendo in questo mondo al Signore in povertà e umiltà, vadano per elemosina con confidenza; e non sta bene che si vergognino, perché il Signore per amor nostro si fece povero in questo mondo. Questa è la vetta sublime di quell’altissima povertà, che ha fatto voi, fratelli carissimi, eredi e re del regno dei cieli, e, rendendovi poveri di sostanze, vi ha arricchito di virtù. Questa sia la vostra porzione che conduce nella terra dei viventi. E a essa, fratelli dilettissimi, totalmente stando uniti, nient’altro mai dovete, per il nome del Signor Nostro Gesù Cristo, cercare di possedere sotto il cielo”.

E nella Esortazione Apostolica: EVANGELII GAUDIUM del Santo Padre Francesco, si può rileggere una moderna versione di questo messaggio:

“Chi rischia, il Signore non lo delude, e quando qualcuno fa un piccolo passo verso Gesù, scopre che Lui già aspettava il suo arrivo a braccia aperte. Questo è il momento per dire a Gesù Cristo: «Signore, mi sono lasciato ingannare, in mille maniere sono fuggito dal tuo amore, però sono qui un’altra volta per rinnovare la mia alleanza con te. Ho bisogno di te. Riscattami di nuovo Signore, accettami ancora una volta fra le tue braccia redentrici». Ci fa tanto bene tornare a Lui quando ci siamo perduti! Insisto ancora una volta: Dio non si stanca mai di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere la sua misericordia. Colui che ci ha invitato a perdonare «settanta volte sette» (Mt 18,22) ci dà l’esempio: Egli perdona settanta volte sette. Torna a caricarci sulle sue spalle una volta dopo l’altra. Nessuno potrà toglierci la dignità che ci conferisce questo amore infinito e incrollabile. Egli ci permette di alzare la testa e ricominciare, con una tenerezza che mai ci delude e che sempre può restituirci la gioia. Non fuggiamo dalla risurrezione di Gesù, non diamoci mai per vinti, accada quel che accada. Nulla possa più della sua vita che ci spinge in avanti!”

Quando mi soffermo a contemplare questo affresco ora ho tutti gli elementi di dialogo. Sia come lettura descrittiva che come lettura interpretativa. Le figura, i colori, la luce, i singoli oggetti mi proiettano in un luogo, in una dimensione, in un contesto storico. Tutto mi comunica bellezza ed armonia. E il messaggio diventa funzionale alla divulgazione e all’insegnamento per il popolo, assolvendo alla sua funzione didattica e devozionale.

San Francesco sollecita i suoi frati a confidare in Dio, ad andare in mezzo alla gente chiedendo l’elemosina, a non vergognarsi della propria povertà, ad essere artefici di una spiritualità missionaria.

Otto secoli sono passati ma il suo messaggio è sempre attuale, oggi più che mai. E le mie considerazioni si concludono qui, perché soprattutto questo, ma anche tante altre cose che appartengono alla mia personale sfera emozionale, culturale e di fede,  io leggo in quell’affresco.

Buona lettura a tutti.

Cosimo Fai

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