G. CAPUTO: «LA CRISI DELLA POLITICA»

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Riflessioni di Giovanni Caputo sulla vicenda Marino, sindaco di Roma, e sulla crisi della politica nella gestione degli enti locali

(Lettera del prof. Giovanni Caputo)

La vicenda Marino, sindaco di Roma, mette in evidenza alcuni problemi, che la politica rifiuta di affrontare e che la mancata soluzione farà incancrenire sempre più a danno delle comunità locali.

La responsabilità della macchina amministrativa che, avendo la continuità gestionale dei servizi, ha la colpa dell’inefficienza e delle ruberie che si annidano nel suo interno e l’incapacità dei partiti politici di disciplinare la vita pubblica di una comunità sono alla base dei fallimenti in cui versano gli enti periferici.

La struttura burocratica di un Comune è sostenuta da una pianta organica organizzata, in maniera gerarchica, per dare risposte ai servizi che l’ente deve erogare ai suoi concittadini. E’ alquanto bizzarro pensare che le buche, la pulizia delle strade o la ricarica degli estintori di Roma o di Veglie siano da addebitare al sindaco.

Segretario comunale, direttore generale, dirigente responsabile dell’ufficio tecnico, istruttore, assessore competente percepiscono stipendi e indennità di funzione, non sarebbero credibili se insieme affermassero che loro vorrebbero coprire le buche, pulire le strade, ricaricare gli estintori, ma ad impedirglielo è il loro sindaco.

Ma anche l’esaltazione su un presunto “potere del popolo” che avendo votato un certo sindaco sarebbe l’unico soggetto titolato a giudicarlo, appartiene al repertorio classico del populismo. Chi sostiene questa tesi dimentica che la storia è piena di sviste e che l’investitura popolare spesso si è rivelata errata circa la statura e le capacità politiche dell’eletto.

Eppure la risposta a questa crisi sembra sia la via plebiscitaria attorno ad un leader, poiché si pensa che alla fine tutto possa essere risolto organizzando una sorta di referendum di gradimento su un altro candidato sindaco.

Il meccanismo tende a riprodursi anche dove il leader non c’è o è un signorotto della politica locale, forte della rendita di posizione dei servizi personali che eroga.

La cosa non funziona perché la politica è gestione di problematiche, per risolvere le quali servono competenze, gioco di squadra, sistemi di staff, e gestione di apparati sani e responsabili. I gruppi dirigenti vanno selezionati e preparati prima e assistiti poi nel loro rapporto con la società.

E questo è il compito che i partiti hanno svolto quando dietro di loro c’erano gli uomini e le donne che li sostenevano e credevano nella funzione che espletavano.

I partiti, quando funzionavano, avevano il compito di:

  • indicare gli obiettivi all’interno di istanze strategiche,
  • ricomporre le tensioni determinate dalla concorrenza fra le diverse forze,
  • indirizzare la distribuzione delle risorse pubbliche in funzione dei bisogni locali,
  • selezionare le classi dirigenti,
  • controllare e verificare quanto programmato

e perché no, sostenere un sindaco o negargli la fiducia, se ritenuto inidoneo al ruolo. Questi processi si sono interrotti, allora bisogna pensare a quali meccanismi possano ripristinare queste funzioni e cercare di attivarle. Ma non sembra che siano in molti a pensarci e tanto meno ad attivarle.

Giovanni Caputo

4 novembre 2015

 

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