CONSORZIO BONIFICA ARNEO: L’AVV. FRANCESCO MILANESE SPIEGA COSA FARE CON GLI AVVISI DI PAGAMENTO

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Avvisi di pagamento del Consorzio di Bonifica di Arneo. Che fare?

Alcune considerazioni dell’avv. Francesco Milanese

In questi giorni diverse persone si sono viste recapitare gli avvisi di pagamento dei contributi consortili per l’anno 2014, richiesti, per il tramite di una società di riscossione, dal Consorzio di Bonifica dell’Arneo.

Si tratta spesso di somme irrisorie motivo per cui molti contribuenti reputano più proficuo il pagamento, anziché intraprendere la via dell’impugnazione, più onerosa e dall’esito incerto.

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Avv.  Francesco  Milanese

Nell’opinione comune, gli importi richiesti rappresentano un balzello inaccettabile, il cui pagamento sembra essere finalizzato più a mantenere i costi dell’apparato amministrativo che rappresentare la controprestazione di un utile servizio.

Da un punto di vista strettamente giuridico gli avvisi si prestano, a nostro modesto e succinto parere, a diversi profili di illegittimità.

Si tratta di atti privi di una reale motivazione, in netta violazione dei principi dello Statuto del Contribuente, per cui gli atti impositivi devono indicare chiaramente i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione.

Ed infatti, gli avvisi riportano come causale la dicitura “bonifica terreni 2014” senza ulteriori indicazioni.

La Legge regionale n. 4 del 13.3.2012 all’art. 17 obbliga al pagamento dei contributi “i proprietari di beni immobili, agricoli ed extraagricoli … che traggano un beneficio diretto e specifico dalle opere pubbliche di bonifica gestite dal consorzio”. Riteniamo, pertanto, che gli avvisi dovessero specificare con riferimento a ciascun contribuente l’esistenza di tale presupposto non essendo sufficiente, come ritiene il consorzio, la semplice ubicazione del terreno nel perimetro di contribuenza e la sola approvazione del piano di classifica.

La Corte di Cassazione con un recente pronunciamento (sentenza n. 2241 del 06 febbraio 2015) ha stabilito che il Consorzio ha l’onere di provare lo specifico beneficio conseguito dal fondo onerato, risultando, invece, insufficiente la mera dimostrazione dell’esistenza di un piano di classifica. 2

Il piano di riparto e il piano di classifica sotteso alle attuali richieste sono stati approvati dagli organi competenti, e non risulta che siano stati impugnati, ma il contribuente potrebbe chiederne la disapplicazione nel giudizio evidenziandone gli aspetti di illegittimità anche nel merito, come ha confermato la Suprema Corte di Cassazione nella sentenza citata.

Dall’analisi del piano di classifica vigente risulta una elencazione (in verità piuttosto lacunosa) di servizi offerti sul territorio ricompreso nel bacino di contribuenza. Si tratta, per lo più, di vecchi canali o opere irrigue, sicché i contributi richiesti sarebbero afferenti all’incidenza funzionale attuale di tali opere. Dopo il 2009, almeno per ciò che riguarda il comune di Veglie, non risulta che il consorzio abbia posto in essere attività o servizi, neppure di tipo manutentivo, in favore della collettività.

Allora che fare?

In caso di pagamento già effettuato, il contribuente potrebbe proporre una istanza di rimborso, contestando la legittimità della pretesa impositiva.

Se decidesse di non pagare, deve sapere che gli avvisi di pagamento ricevuti, ad opinione di chi scrive, non contenendo le istruzioni circa i tempi e le modalità di impugnazione, possono per il momento non essere impugnati, in attesa della notifica della ingiunzione fiscale.

Nel frattempo è possibile inoltrare al consorzio una istanza di annullamento in autotutela. Il consorzio non è, tuttavia, tenuto né ad annullare l’atto, né a rispondere all’istanza, procedendo con l’azione minacciata.

Ricevuta l’ingiunzione (che comporterà un aumento delle somme già richieste di circa il 10%) il contribuente avrà due sole possibilità: pagare o impugnare l’atto davanti alla competente commissione tributaria.

Il nostro studio sta valutando l’ipotesi di predisporre un ricorso collettivo, almeno per quei terreni che presentino uguali caratteristiche.

Il costo minimo del ricorso per le sole spese di giustizia, non potrà essere inferiore a 30,00 euro (importo minimo del contributo unificato che dovrà corrispondere ogni singolo ricorrente) oltre alle spese di notifica (circa 11 euro, che in caso di azione collettiva potranno essere suddivise tra tutti i ricorrenti).

Il contribuente deve sapere che l’esito del giudizio non è certo e c’è sempre il rischio, in caso di soccombenza, di dover rifondere le spese del giudizio in favore della controparte.

Sarebbe auspicabile, infine, come già fatto da altri, che i comuni stipulassero una convenzione con tecnici di fiducia o dessero mandato ai propri uffici di redigere una perizia sui terreni ricadenti nel bacino di contribuenza, al fine di verificare concretamente, una volta per sempre, la sussistenza dei servizi che il consorzio asserisce di espletare, ciò al fine di una futura impugnazione dei piani di classifica e di riparto o per dare ausilio ai contribuenti che decidessero di impugnare gli atti del consorzio.

Avv. Francesco Milanese

Studio Milanese, Veglie

f.milanese@milaneseassociati.org

PS. Quanto esposto nel presente scritto rappresenta la semplice opinione dell’autore che non assume responsabilità circa la condotta che il contribuente deciderà di assumere.

9 Marzo 2016

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