Pillole di Storia Vegliese / L’Itinerario della Chiesa di Sant’Antonio Abate: Parco Rimembranze – Via Vittorio Veneto – Via Bosco – Via Suor Teresa Piazzolla
Continua ad arricchirsi la «Rubrica di Storia Vegliese». In questa puntata il dott. Cosimo Fai ci racconta alcuni aneddoti del culto di Sant’Antonio Abate a Veglie e della nascita della Parrocchia dedicata al Santo.
Di seguito l’articolo del dott. Cosimo Fai:
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Con questo piccolo contributo non intendo minimamente tracciare l’origine e lo svilupparsi della devozione a Sant’Antonio Abate a Veglie. Questa appartiene allo specifico sentire di una comunità che vive il proprio rapporto di fede in termini caratteristici e particolari.
Certo è che a Veglie la devozione a Sant’Antonio Abate affonda le proprie radici nella costituzione stessa della comunità in quanto tale, poiché testimonianze in tal senso si ritrovano nella Cripta della Favana, da tutti collocata nel XV secolo, e nella Chiesa Matrice.
In un vecchio trattato di agricoltura è scritto che l’annata agricola inizia il giorno di Sant’Antonio Abate e termina il giorno di San Martino, durando pertanto dal 17 gennaio all’11 novembre. Le due date sono significative, oltre che onorate dalla Chiesa con le figure di due grandi Santi. La ricorrenza di gennaio arriva alla fine di quel periodo dove la notte sembra non debba aver termine e il giorno comincia a riprendere il sopravvento; così pure la terra, che sembrava morta ed oppressa dal grande buio comincia a rinascere.
L’uomo, fin dai primordi della storia, ha segnato questo periodo che prelude alla primavera con una serie di riti propiziatori, sacrifici di animali, feste. Un periodo di feste pagane, da cui trae origine il Carnevale, che rappresentavano un rinnovamento simbolico, durante il quale il caos sostituiva l’ordine costituito, che però una volta esaurito il periodo festivo, riemergeva nuovo o rinnovato e garantito per un ciclo valido fino all’inizio del carnevale seguente. In questo periodo di festeggiamenti carnevaleschi, non disciplinato dalla liturgia ufficiale ma inserito formalmente nel calendario festivo cristiano, ricade anche la festa di Sant’Antonio Abate.
Nel Salento, quando si parla di Sant’Antonio Abate, di “fòcara” o “fanòi”, subito la mente corre a Novoli. – (per tutti gli approfondimenti del caso, si rimanda alla pubblicazione di Gilberto Spagnolo, “Il fuoco sacro, Tradizione e culto di Sant’Antonio Abate, a Novoli e nel Salento”, consultabile per intero sul sito: www.pugliadigitallibrary.it )
A Veglie la devozione a Sant’Antonio Abate, Santo del fuoco, si avverte maggiormente, durante tutto il periodo della Seconda Guerra Mondiale. Nella pubblicazione cui prima si rimandava, si legge a pag. 69:
«Sono, soprattutto, gli anni terribili della guerra che travolse la nostra Nazione, in cui il mondo si dibatteva e non trovava pace, anni in cui a Novoli, nella chiesa ancora senza campanile, “venivano madri a domandare la grazia per i loro figlioli assenti; spose che piangono ed intercedono per i loro cari che combattono in prima linea; bimbi che con la bianca manina mandano un candido bacio al glorioso Santo, perché faccia ritornare sani e salvi i loro amati genitori” , tutte sentite attestazioni di un culto profondamente sentito, di una fiducia sincera del popolo novolese (e non solo) nella protezione del suo santo, affermazione della sua indiscussa intercessione taumaturgica verso Dio.»
«Da Veglie: Da tre mesi non ricevevo notizie del mio figliuolo combattente. Mi rivolsi con fiducia al Santo del fuoco. Sono stato esaudito: mio figlio vive. Ringrazio di cuore il Santo. (Vetrano Cosimo)»
«Da Veglie: Mio figlio trovavasi sul fronte greco durante un grave attacco. Promisi a S. Antonio che, se lo avesse liberato da quel fuoco, mi sarei recata a piedi al Santuario di Novoli per la celebrazione di una Messa in canto. Avendo ottenuto la grazia, adempio al voto. (Leoci Consiglia)»
Ma c’è un episodio, in particolare, che coinvolge l’intera popolazione vegliese e accelera la devozione al Santo, tanto da assume carattere fortemente popolare, ed è il bombardamento dell’aeroporto di Leverano, del 23 luglio 1943.
In: “Gaetano Papadia: MEMORIE: 23/07/1943 – 23/07/2013: storia di una tragedia”, leggiamo: “In questo contesto caddero alcune delle bombe fuori obiettivo. Fu una strage: scoppi, schegge in tutte le direzioni, fuoco, fiamme, cavalli impazziti e nove uomini colpiti e carbonizzati. Il bombardamento alleato del 23 luglio ’43, da un punto di vista militare, fu un’operazione perfetta per l’effetto “sorpresa”. Ebbe, invece, gravi conseguenze sul piano civile. D’altronde, 70 aerei, ciascuno con un carico di 12 bombe da 240 kg, per un totale di 800 bombe per complessive 200 tonnellate, difficilmente avrebbero centrato tutte l’obiettivo da un’altezza di 7.000 metri su un’area di poco più di un centinaio di ettari. Dal rapporto della missione (Raid n. 49) si parla di Leverano come “probabile base di molti dei caccia tedeschi attivi nel Sud Italia” (probably the base of many of his active fighters in S. Italy). Sempre da questo rapporto sappiamo che alcune bombe caddero fuori obiettivo: “alcune a nord, altre a sud-ovest.”
Alcune di queste bombe giunsero alle porte dell’abitato di Veglie. Il terrore per la caduta di quelle bombe in prossimità del paese di Veglie, sono ancora impresse nelle persone più anziane che ricordano l’episodio ancora con brividi di paura.
Sull’onda emotiva dello scampato pericolo, questo episodio spinge un “comitato” di cittadini a prendere l’iniziativa e a chiedere più convintamente ed insistentemente all’Arciprete della Chiesa Madre, don Natalizio Mele, di prodigarsi in tutti i modi per la costruzione di una chiesa da dedicare a Sant’Antonio Abate “per grazia ricevuta”, per essere stati risparmiati da questo terribile attacco e bombardamento. Promettendo il proprio impegno nella raccolta dei fondi necessari per la costruzione stessa.
Quindi, su una devozione già consolidata e popolare, Sant’Antonio Abate non diventa più soltanto il santo di Novoli, cui rivolgersi per la salvaguardia e la salute dei militari, ma diventa necessario averlo in casa propria, per poter dimostrare a lui la propria gratitudine e da lui riceve protezione.
Questo che segue è una parte del carteggio, presente nell’archivio storico del Comune di Veglie, che intercorre tra l’arciprete e l’amministrazione comunale per l’individuazione di un suolo su cui far sorgere la nuova chiesa.
(>>>Scarica qui i documenti in formato .pdf)
Solo alcune brevi considerazioni (ognuno sarà in grado di fare le proprie) che risaltano Subito dopo la lettura di questi brevi scritti.
Una grande pietà cristiana e devozione popolare nei confronti del santo, in concomitanza con il periodo bellico. Don Natalizio Mele individua, in un primo momento, il Parco Rimembranze per l’erigenda chiesa, ma il popolo si rifiuta categoricamente di toccare quel luogo della memoria. Si decide pertanto di programmare la Chiesa in uno spazio esistente in via Vittorio Veneto.
L’amministrazione accetta di cedere parte del suolo per la costruzione della nuova chiesa in via Vittorio Veneto, “dove da molti anni si suole accendere il falò nella festa di Sant’Antonio”, anche per motivi di “igiene”, essendo il detto luogo “deposito di rifiuti ed altro”.
Nel post-guerra, con la serenità ritrovata e con la necessità di far ripartire l’economia, ritorna la voglia di vivere, di ricominciare daccapo, di ricostruire, di ritrovare la normalità. Il progetto della costruenda nuova chiesa viene momentaneamente accantonato.
Pur tra mille difficoltà, l’impegno assunto da don Natalizio Mele verrà portato avanti, con passione e fede, dal nuovo arciprete, Don Vito Frassanito. Nel 1960 viene inaugurata la Piazzetta Madonna di Lourdes e, di conseguenza, la sede per la costruzione della Chiesa di Sant’Antonio Abate viene spostata in un nuovo spazio individuato, in quell’occasione, dove oggi sorge Piazza Costituzione, in via Bosco, luogo usato per molti anni come sede del falò in onore di Sant’Antonio. (Ulteriori informazioni sull’origine della focara a Veglie si possono trovare nelle pagine di : Antonio CATAMO, “Sant’Antoni ti lu fuecu e lu fanoi”, in “Veglie Nostra”, n. 8, Veglie 17 febbraio 1985, s.p.)
Il falò a Veglie si dice sia stato realizzato per qualche anno, in origine, fuori dal paese, nel largo dove oggi sorge il Calvario. È tradizione e memoria storica la sua collocazione in Via Vittorio Veneto, fino ai primi anni sessanta per poi… ma questa è storia recente.
(>>>Scarica qui le foto in formato .pdf)
Successivamente, a seguito di alcuni accordi tra la Parrocchia dei SS. Giovanni e Irene e il Comune di Veglie, fu definitivamente assegnato il terreno per erigere la Parrocchia di Sant’Antonio. Oggi la nuova Parrocchia si trova in via Suor Teresa Piazzolla, nei pressi di via Pirandello “dove da molti anni si suole accendere il falò nella festa di Sant’Antonio”.
Il primo Luglio del 2005 fu posata la prima pietra della nuova Chiesa, in quel periodo guidata da don Pietro Tundo, con la benedizione di Monsignor Rocco Talucci, allora Vescovo della diocesi di Brindisi-Ostuni.
Riguardo l’iconografia di Sant’Antonio Abate a Veglie, un punto fermo va posto sulla presenza del porcellino sull’affresco del Santo (disquisizione puramente iconografica dello specifico affresco) presente nella Cripta della Favana. Mi piace sottolineare con certezza, che tutte le indicazioni che attestano la presenza del porcellino sono assolutamente ingannevoli. Nell’affresco di Sant’Antonio Abate presente sulle pareti della Cripta della Favana di Veglie, non è raffigurato nessun porcellino. L’equivoco è sorto e si è consolidato nel corso dei decenni perché tutti coloro che hanno descritto l’affresco, lo hanno fatto solo attraverso delle foto, senza mai verificare di persona, né guardando, toccando, ammirando, vivendo, dialogando con quell’affresco. Ed i “sentito dire” ed il “riferimento ad altri studi” hanno fatto diventare norma ciò che norma non è. La presenza di un “minus”, di una semplice “scazzafittatura”, di un pezzo mancante piccolissimo, ai piedi del Santo, ha fatto pensare che si trattasse della raffigurazione del porcellino. Sono più che sicuro che il porcellino non fa parte dell’iconografia del Sant’Antonio Abate raffigurato sulle pareti della Cripta della Favana di Veglie.
Chiunque volesse verificare di persona, può comodamente farlo dalla propria postazione, visitando i seguenti siti:
Ma il fascino di scendere sotto la cripta e visitarla di persona è un’emozione unica e insostituibile.
Invito tutti a programmare una visita sotto la Cripta della Favana, a Veglie.
Cosimo Fai
24 febbraio 2017