Storia, provocazioni, idee e suggerimenti sul Monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale di Veglie
Con un articolo diviso in due parti e scritto a quattro mani da Cosimo Fai e Antonio De Benedittis, appassionati e studiosi di Storia Patria, si descrive la storia del Monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale di Veglie e il suo attuale stato di abbandono. Nell’articolo si lanciano anche provocazioni, idee e suggerimenti per il recupero e per una rivalutazione del nostro patrimonio storico locale.
Prima parte / Cosimo FAI
La Prima Guerra Mondiale ebbe inizio il 28 luglio 1914 con la dichiarazione di guerra dell’Impero austro-ungarico al Regno di Serbia in seguito all’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo-Este, avvenuto il 28 giugno 1914 a Sarajevo, e si concluse oltre quattro anni dopo, l’11 novembre 1918.
L’11 novembre 2018, formalmente, troveranno compimento le manifestazioni di commemorazione del centenario di questo tragico evento storico, che con “sollecitazione ministeriale” hanno avuto inizio nel 2013.
Chi avrà avuto la sensibilità di programmare delle manifestazioni in questo periodo avrà la coscienza “salva” e soddisfatto un dovere civico del singolo e della collettività, gli altri “ignavi” cadranno nell’oblio.
Cosa è stato fatto a Veglie? Non so dare una risposta.
Cosa si sarebbe potuto fare? Anche questa risposta trova spazio solo nel desiderio personale di recupero di una memoria storica, tassello indispensabile alla costruzione di una identità culturale che affonda le sue salde radici solo nel ricordo del nostro complemento di provenienza.
In questi anni ci siamo limitati e abbiamo, tutti, complici, accettato e partecipato solo ad un ricordo formale e di facciata.
Eppure con il decreto “Valore cultura”, approvato con decreto del Segretario Generale del 6 dicembre 2013, si sollecitavano e si dava indirizzo alle attività da svolgere presso i luoghi della cultura statali individuati con la circ. 15 del 25.05.2015, ed il Progetto 1 recava il titolo:
“Grande Guerra e processi di pace: i luoghi e i contenuti”
Art. 3 del programma: “Il progetto è finalizzato a rendere disponibile su web dei percorsi culturali attraverso i luoghi e le testimonianze che rappresentano la memoria della Prima guerra mondiale ed è collegato alle varie e numerose iniziative relative alla commemorazione per il centenario dell’evento bellico, coordinate dalla struttura di missione della Presidenza del Consiglio dei ministri con il patrocinio della Presidenza della Repubblica.”
Tra le finalità del progetto, ritroviamo
- “Censimento e catalogazione dei monumenti ai caduti della prima guerra mondiale”.
… e tale progetto potrà essere integrato con la descrizione e digitalizzazione di una selezione di altri materiali:
- liste di leva e ruoli matricolari relativi ai soldati che hanno partecipato alla Grande Guerra;
- documentazione relativa a campi di internamento per cittadini italiani in territorio austro-ungarico;
- lettere, diari, fotografie e oggetti di soldati al fronte;
- schede del fondo archivistico Ufficio notizie alle famiglie, conservato presso l’Archivio centrale dello Stato;
- materiali documentari riguardanti il tema della Grande Guerra presenti in archivi di letterati, artisti e musicisti;
- materiali musicali (marce, canti patriottici, inni, ecc.), manoscritti o a stampa, legati al tema della Grande Guerra.
Il bla bla bla, il vociare, il parlare, lo sparlare, il programmare, il discutere nei salotti bene o salottini di circolo, su banchine da parco o in più nobili luoghi istituzionali, ci hanno sempre impedito di alzare il culo (scusate il francesismo) ed andare a verificare di persona che fine abbia fatto quella famosa colonna e, con essa, la nostra memoria storica.
Tanto si sarebbe potuto fare… Invece… SILENZIO….. SILENZIO….. SILENZIO…..
Solo chi ha un’idea di paese, può tentare di coniugarne le azioni, di dettarne i tempi e i modi, di essere il promotore e non un semplice soggetto passivo di avvenimenti che dovrebbero essere al centro del proprio operato.
Questa è la differenza tra chi ha un’idea e chi un’idea non ce l’ha.
A evitare polemiche inutili, voglio sottolineare che non ce l’ho con nessuna amministrazione, attuale o passata. Tutti, ma proprio tutti, io compreso, siamo amalgamati in quel grande calderone dell’inerzia, dell’indifferenza, in cui abbiamo allenato il nostro senso alle azioni di “evitamento”. Bisogna accuratamente evitare di esporsi, di dire, di parlare e quel che è peggio: di fare. Salvo lasciare spazio a chi non sa dire, fare, parlare. E questa è la peggiore delle colpe.
Nella seconda parte, a cura dell’amico Antonio De Benedittis, persona qualificata, documentata ed esperta, conosceremo meglio le vicissitudini che hanno portato alla costruzione del parco, prima, e della colonna, subito dopo, e come mai ce la siamo ritrovata lì dove ora sorge quello che tutti continuiamo ancora ad indicare come “Comune”.
Qui di seguito, da parte mia, un po’ (pochissima) di storia:
Il fenomeno dell’erezione dei Monumenti ai Caduti della Grande Guerra riveste una notevole importanza anche in ragione della sua capillare diffusione; gli studi condotti hanno evidenziato due diverse fasi di realizzazione di tali Monumenti:
- i monumenti della prima ora, realizzati non su iniziativa statale, ma “dal basso”. Essi ricordano sì la guerra, ma nella sua tragica realtà di distruzione e di morte;
- successivamente, il governo iniziò a diffondere l’ideologia della memoria dei caduti attraverso l’immagine dell’eroe di guerra morto per la madre patria.
Rimandiamo ad altre letture tutta la documentazione inerente la normativa storica emanata tra il 1919 e il 1942 relativa alla istituzione dei monumenti ai caduti, ossari e sacrari di guerra.
L’iniziativa di Dario Lupi – Il 27 dicembre 1922 il Sottosegretario di Stato per la Pubblica Istruzione, Dario Lupi, indirizzò a tutti i Regi Provveditori agli Studi una lettera circolare, disponendo “che le scolaresche d’Italia si facciano iniziatrici dell’attuazione di una idea nobilissima e pietosa: quella di creare in ogni città, in ogni paese, in ogni borgata, la Strada o il Parco della Rimembranza. Per ogni caduto nella grande guerra, dovrà essere piantato un albero.
Alla lettera fece seguito la pubblicazione sul “Bollettino Ufficiale” del Ministero della Pubblica Istruzione N. 52 del 28 dicembre 1922, della Circolare n. 73 del 27/12/1922 contenente “Norme per i Viali e Parchi della Rimembranza”.
La circolare ministeriale prevedeva la costituzione di appositi “Comitati esecutivi” con il compito di espletare tutte le procedure amministrative e logistiche per la buona riuscita dell’iniziativa e conteneva, inoltre, norme e indicazioni sulle modalità di realizzazione dei Parchi e dei Viali: dall’elenco delle specie arboree più idonee da piantare nelle diverse zone geografiche della Penisola alle opere necessarie per la messa a dimora degli alberi, dalle dimensioni dei sostegni di protezione in legno al testo e collocazione della targhetta metallica con il grado, le generalità e la causa di morte del caduto.
L’obiettivo era quello di fare del Parco della Rimembranza il luogo sacro dedicato alla celebrazione della Nazione, un monumento alla memoria di chi per essa aveva combattuto fino alla morte, rinnovandone il ricordo attraverso gli alberi che sono “cose vive, simbolo terreno e appropriato della sopravvivente fecondità del sangue versato per una idea immortale”.
L’iniziativa, se pure infarcita di trionfalismo e retorica di regime, rispondeva comunque al desiderio popolare di rendere omaggio e preservare la memoria dei propri caduti in guerra e fu accolta con grande partecipazione.
…E A VEGLIE?
Veglie non è da meno di ogni singolo paese di questa nostra Italia. Pur tra le mille contraddizioni che hanno caratterizzato questo nostro paese, si istituisce il “Parco della Rimembranza” con l’ubicazione, in esso, della colonna in ricordo dei caduti della prima guerra mondiale.
Facciamo parlare le foto di Enzo De Benedittis senza aggiungere alcun commento:
…E DOPO?
Poi, negli anni 60 si decide di “distruggere” quel parco per poter costruire una casa-comune, stante la dubbia e discutibile “necessità di abbattere” quella casa-comune che per anni aveva vigilato e diretto il paese, dalla sua privilegiata posizione in piazza.
In un solo colpo, si commettono due omicidi urbanistici. Con uno solo colpo, si mira al cuore, si spara per uccidere. E al suolo, in una pozza di sangue, rosso vergogna, muore la “memoria storica” di Veglie. Tutti complici. Tutti colpevoli. Tutti assolti.
E la colonna?
Con delicatezza, perizia, cura, viene smontata, caricata con garbo su un camion. A separare ogni singolo pezzo di quella importante colonna vengono messi dei “fascetti di sarmente” (tralci di vite), perché il trasporto non ne compromettesse l’integrità. Tutto procede per il verso giusto, solo che al momento di “spostare” quello che resta della colonna non si sa dove “conservarla”. Allora si pensa bene di andare a “scaricarla”, a “ribaltarla”, a“liberarsene” in fretta e furia lì dove per decenni è stata. Sotto gli occhi ignari e distratti di tutti. Al cimitero. D’altronde quale luogo migliore ed appropriato per conservare un “cadavere”?
Ed ecco ciò che resta del “cadavere”:
…QUINDI?
Con un po’ di senso civico e a proprie spese, non finanziarie certamente ma di tempo e di affetto, si è proceduto con metodo sicuramente “artigianale” ma preciso, al rilievo di quanto rimasto:
Tanti gli argomenti di lettura cui si presta la Colonna. Due in particolare sono quelli che incuriosiscono.
Il primo riguarda il linguaggio delle piante poiché la nostra colonna è ricca di simboli vegetali. Tra i più ricorrenti si possono trovare la Palma simbolo di Vittoria, la Quercia simbolo di Forza, l’Alloro simbolo di Valore e di Pace vittoriosa, e tanti altri.
Il secondo argomento riguarda il sistema di classificazione iconografica della colonna stessa che distingue questi monumenti in diverse tipologie: ad ara, a cippo, a colonna, a colonna spezzata, ad emiciclo, a fontana, a lapide, ad obelisco, a stele. Ma la discussione ci porterebbe fuori dall’argomento che intendiamo trattare e sollecitare in queste poche righe e sarà trattato in altra sede.
(Le foto di due dei pezzi rimasti del capitello che sovrastava la colonna. Un intreccio di foglie di alloro e quercia, tenute insieme da un nastro):
Fatto questo, con l’aiuto di qualche amico, che ha sottratto del tempo al proprio studio, si è proceduto alla elaborazione al computer del materiale fotografato e ad una ricostruzione tridimensionale di ogni singola parte:
E a farne alcune bozze:
Fino ad arrivare ad un progetto definitivo:
Già negli anni ’90, il prof. Valeriano Tondo aveva iniziato una elaborazione della colonna, al fine di proporre un progetto di recupero e di restauro:
Oggi, la testimonianza di quello che fu il tributo dei Vegliese alla Patria, si può “ammirare” in questo bellissimo braciere del fuoco sacro che ha subìto, purtroppo, il processo di globalizzazione a cura di qualche “mente geniale” che ha piazzato sopra di esso una “straordinaria palla” elettrificata, rigorosamente in plastica. Evitiamo commenti per non dire cose inopportune!
Da troppo tempo mai nulla è stato fatto, per incuria, per disinteresse, per… lasciamo perdere.
Cosa avrebbe dovuto prevedere un buon progetto di marketing culturale e promozione della propria identità?
- Pubblicazione a memoria dei caduti vegliesi della Prima Guerra Mondiale da distribuire, gratuitamente, nelle scuole e alla cittadinanza (tra l’altro una pubblicazione a cura di Antonio De Benedittis è già da tempo pronta per la stampa).
- Progetto di recupero della colonna dei caduti, attraverso una collaborazione pubblico-privato. (Purtroppo un’esperienza nell’applicazione dell’art bonus per il recupero della Colonna dell’Osanna non andata a buon fine per svariati motivi non fa nutrire buone speranze per quest’altro progetto)
- Referendum popolare per decidere la ri-collocazione della colonna stessa.
Tutti i Vegliesi e soprattutto le nuove generazioni avrebbero preso coscienza e conoscenza di un pezzettino della nostra storia.
Fiducia? Zero.
Cosimo Fai
Seconda Parte / Antonio DE BENEDITTIS
IL RICORDO DEI CADUTI DELLA GRANDE GUERRA
Monumento ai Caduti
Il 13 marzo 1919, pochi mesi dopo la fine della guerra, il consiglio comunale di Veglie, “…interpretando il sentimento della cittadinanza tutta ed anche perché il Comune non sia secondo ad altri per patriottismo, delibera – su proposta del sindaco Renato Negro – che il nome di tutti i Concittadini caduti sul campo dell’onore per una più grande Italia, sia eternato nel marmo”.
Con lo steso atto viene incaricata la giunta per l’espletamento delle pratiche necessarie per una sollecita ordinazione di una lapide in marmo portante il sacro nome di tutti i cittadini caduti in guerra.
La pratica, però, subisce un forte rallentamento perché gli amministratori non riescono a trovare un accordo sul luogo su cui far sorgere il monumento.
Poi il 14 novembre 1922 il consiglio comunale (sindaco Angelo Francesco Parlangeli, don Ciccio) , su proposta dell’apposito comitato e con la ferma e decisa opposizione dell’assessore notaio Piccione, stabilisce di far sorgere il monumento nel mezzo della piazza Umberto I ed all’altezza dello spigolo ovest della casa del dr. Verrienti Francesco. Viene quindi dato incarico al geometra Giuseppe Negro (don Peppino) per la predisposizione del disegno e al muratore Raffaele Parlangeli per la sua costruzione.
Parco delle Rimembranze
Nello stesso periodo erano pervenute al comune, tramite il regio provveditore agli studi, le disposizioni impartite dal ministero finalizzate a creare in ogni centro abitato d’Italia la via o il parco della rimembranza, nel quale sorga per ogni caduto nella Grande Guerra un albero a perenne memoria. Immediatamente il consiglio comunale riunitosi il 31 gennaio 1923, delibera che in Veglie gli alberi votivi siano piantati nello spiazzo compreso tra le vie della Rimembranza, S. Leonardo, Bosco, Giovanni Pascoli e Generale Armando Diaz, e che lo spiazzo si denomini Parco della Rimembranza.
Con altro provvedimento adottato il 20 febbraio successivo, il comune, a richiesta dell’apposito comitato, si assume l’onere della costruzione del parco delle rimembranze stanziando l’importo di 5000 lire, di cui lire 2500 per la sistemazione del terreno, che era stato acquistato dai coniugi Luigi Piccinno e Lucia Frassanito, e lire 2500 per l’acquisto degli alberi e delle targhe.
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Mentre si stava costruendo il parco delle rimembranze gli amministratori si convincono che è più opportuno far sorgere il monumento all’interno di detto parco e non già in piazza Umberto I, come era stato deliberato in precedenza, così il consiglio comunale, riunitosi il 14 dicembre 1923, “…tenuto presente che in seguito alla destinazione a Parco della Rimembranza di una parte del terreno acquistato dai coniugi Piccinno Luigi e Frassanito Lucia, sia più conveniente far sorgere il Monumento per i caduti nella Grande Guerra in fondo al detto Parco, e propriamente sulla grotta naturale esistente nel predetto terreno; tenuto presente altresì la quasi completata lavorazione della base del Monumento da parte dell’operaio Parlangeli Raffaele, unanimemente per alzata e seduta delibera: 1) revocare la precedente propria deliberazione 14 novembre 1922 relativa ad altra ubicazione, autorizzando il Comitato a far sorgere il Monumento stesso nella nuova località sopraccennata. 2) autorizzare il Tesoriere comunale a pagare in favore di Parlangeli Raffaele lire 2000 stanziate nel bilancio 1922 a titolo di acconto del Comune per l’opera eminentemente patriottica…”.
Il 4 novembre 1924 alla presenza del sindaco Francesco Parlangeli, dell’arciprete don Salvatore Natalizio Mele e dei familiari dei Caduti in guerra si svolge, per la prima volta la cerimonia di commemorazione nel parco delle rimembranze, appena ultimato; in precedenza, dal 1919 al 1923, la cerimonia si svolgeva nello spiazzo antistante la chiesa della Madonna delle Grazie in quanto la chiesa matrice, chiusa al culto nel 1914 perché pericolante, non era stata ancora resa agibile.
(Commemorazione anniversario della Vittoria avanti la chiesa della Madonna delle Grazie -1923):
Negli anni a seguire la celebrazione dell’anniversario della Vittoria si svolge sempre nello stesso luogo e con il solito rituale: il corteo composto dai familiari dei caduti disposti su due file partiva dalla piazza e si dirigeva verso il parco delle rimembranze; dietro ai familiari c’erano il parroco, le autorità civili e militari, le varie associazioni con bandiere e vessilli vari e infine la popolazione tutta; arrivati al parco delle rimembranze ciascun familiare deponeva il quadro recante la foto del proprio congiunto alla base dell’albero sul cui tronco si trovava inchiodata una targa di ottone con impresso il nome e cognome del proprio familiare morto in guerra; seguiva poi la messa al Campo e i discorsi di circostanza; il discorso inaugurale, nel 1924, viene fatto dal prof. Realino Mazzotta, anche lui reduce della grande guerra.
(Piastrina di ottone con inciso il nome del soldato Antonio Pastorelli):
Il parco resiste alle intemperie della natura e degli uomini per oltre 30 anni; poi nel 1957 l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Giannoccolo decide di rifare ex novo il parco delle rimembranze affidando l’incarico della progettazione al geom. Vincenzo Antonaci; la realizzazione del nuovo parco prevedeva l’abbattimento di tutti gli alberi di pino selvatico ivi esistenti.
L’abbattimento degli alberi, deliberato dal consiglio comunale il 19 febbraio 1957, non fu un’operazione condivisa da tutta la popolazione: gli abitanti delle vie adiacenti sollecitavano l’abbattimento perché le loro abitazioni non prendevano mai la luce del sole e anche perché le radici degli alberi provocavano danni alle loro case. I familiari dei caduti in guerra, a loro volta, chiedevano che gli alberi restassero al loro posto perché ognuno di essi recava inchiodata sul tronco una targa in ottone su cui era inciso il nome di un loro congiunto caduto nella Grande guerra.
Prevalse l’abbattimento degli alberi e la realizzazione del nuovo parco delle rimembranze così come aveva disposto l’amministrazione comunale; nel mese di aprile 1957 la ditta La Forgia Giuseppe di Noci che si era aggiudicata l’appalto per 136.000 lire abbatte tutti gli alberi del parco.
La costruzione del nuovo parco delle rimembranze non ostacola per niente il monumento ai caduti che resta integro al suo posto, ma per poco tempo perché il suo destino era già segnato: dopo l’abbattimento del municipio in piazza, ad opera della stessa amministrazione Giannoccolo, il luogo dove insisteva il monumento era stato scelto per costruirvi la nuova casa comunale.
(Parco delle Rimembranze realizzato dopo l’abbattimento degli alberi di pino selvatico – cartolina postale acquerellata viaggiata nel 1961 riprodotta dal sito internet www.delcampe.net):
La scelta del parco delle rimembranze come luogo più idoneo per la costruzione del nuovo municipio era dettata dalla necessità di dover economizzare quanto più possibile nella spesa: l’eventuale acquisto di terreno o di fabbricati da terzi, avrebbe comportato una ulteriore spesa che all’epoca il comune non poteva sostenere; questa scelta però, anche se per certi aspetti obbligata, imponeva di dover sacrificare il monumento ai caduti proprio perché questo si trovava nello stesso punto in cui doveva sorgere l’edificio progettato e infatti, appena iniziati i lavori di costruzione del municipio, il monumento viene smontato e i pezzi rimasti intatti vengono trasportati nel cimitero e depositati a futura memoria nelle vicinanze dell’ex convento dei francescani minori ove si trovano tuttora.
Antonio De Benedittis
22 Luglio 2018