ANTONIO GRECO: «ELEZIONI COMUNALI A VEGLIE: ANALISI E PROPOSTE»

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2013

ELEZIONI COMUNALI VEGLIE: ANALISI  E PROPOSTE DI ANTONIO GRECO

Lettera di Antonio Greco:

I risultati delle elezioni comunali 2020 possono essere una occasione per valutare lo stato di salute della democrazia locale.

Come un aereo, un ente locale, anche piccolo, si regge su due ali: la qualità delle persone con ruoli politici e amministrativi, con le relative modalità di scelta, e le infrastrutture tecnico-economiche.

L’attenzione alla prima ala, attraverso la lettura dei soli numeri delle elezioni amministrative del 20-21  settembre  2020  del  Comune  di  Veglie,  senza  lenti  colorate  ideologiche  di  parte,  ci  consegna  la fotografia di una democrazia locale disastrosa e in affanno.

Metto le mani avanti e confesso che non credo a chi sostiene che la responsabilità di questo disastro vada fatta ricadere sui vegliesi che votano male né su una mossa sbagliata di dieci consiglieri della passata legislatura.

Di questi sei mandati amministrativi cinque sono terminati con la sfiducia nei confronti del sindaco.

Cosa ci dice questa semplice tabella?

La riforma del 1993, con la elezione diretta del sindaco, non ha garantito né la governabilità né la democrazia del nostro comune.

In quest’ultima tornata2020, però:

  • per la prima volta, dopo quasi trent’anni, un sindaco è stato eletto con numero di voti e con una percentuale  così  bassa. Ora  deve  amministrare senza  che circa 10  mila elettori e 6.304 votanti lo abbiano scelto. Anche quando, come nel 1993, il distacco tra la lista vincente e la seconda fu di appena 52 voti, il numero dei sostenitori del sindaco eletto fu di 3.555 voti e la percentuale fu del 40,09. E qui non è in discussione la qualità personale del sindaco vincente. Anche se avesse vinto il secondo candidato con così bassa percentuale, sarebbe stato lo stesso un problema;
  • per la  prima  volta  il  sindaco uscente ha  voluto ripresentarsi agli  elettori per  un  secondo mandato e ha ottenuto 1.100 voti in meno di quelli che lo avevano votato nel 2015.

Bastano a spiegare una percentuale così bassa le troppe liste e la frantumazione degli avversari del sindaco eletto?

Si dice, come nel calcio: non ha vinto l’eletto ma hanno perso gli avversari. Questa lettura non spiega molto.

Anche in altre due tornate vi era stata la presentazione di cinque liste eppure mai era stata una percentuale così bassa per il sindaco eletto.

Infine, è stata sostenuta anche la tesi “che la improvvida e impolitica mozione di sfiducia presentata nei suoi confronti a mandato ormai scaduto lo (n.d.r. il sindaco uscente) hanno rivitalizzato”.

Anche questa tesi non regge:

  • i consiglieri  della  vecchia  maggioranza  che  non  lo  hanno  sfiduciato  hanno ottenuto meno preferenze di quelli che lo avevano sfiduciato. Quest’ultimi che si sono ricandidati (7 dei 10 consiglieri sfiducianti) in liste diverse da quella del sindaco sfiduciato hanno ottenuto1.649 preferenze contro  le  287 preferenze  dei  4 consiglieri ricandidati  (sui  5  originari) che  non avevano approvato la mozione di sfiducia (escludendo dal conteggio i due candidati sindaco della lista Veglie Unita e Insieme si può). Se poi si mettono in ordine decrescente le preferenze dei 77 consiglieri candidati nelle 5 liste, tra i primi 16 posti per essere eletti in consiglio comunale si piazzano solo 4 consiglieri della lista del sindaco uscente.
  • Il portavoce  cittadino  di Fratelli  d’Italia, in  coerenza  con  quanto  scritto  l’8  maggio  2020, ritiene che nei cinque anni della passata amministrazione il sindaco vincente ha fatto “errori e sbagli che, nel caso di specie, avevano danneggiato la corretta amministrazione di Veglie”. E su questo ha ragione. Ma poi perché Fratelli d’Italia ha sostenuto, “a mani nude”(secondo l’espressione  dello  stesso  portavoce), un candidato già fallimentare? La  spiegazione data è disarmante: per ragioni di  purezza politica (le  altre  liste  erano troppo  trasversali  e con componenti  del  PD), come  a  dire, “so,  perché  lo  conosco  bene, che potrebbe  tenere nella palude per altri cinque anni il paese. Basta che non perseveri nel danno al paese. Punto tutto sulla squadra, cioè suFratelli d’Italia. Siamo noi l’antidoto per ‘rinsaldare il rapporto con la popolazione’”. Il  portavoce  si  dimentica due  cose:  il problema  è  di  struttura  e  non perché Fratelli d’Italia ora è nella regia di comando se ne può dimenticare. E ancora, dimentica che 4 eletti su 11, tra i più suffragati, sono gli stessi della squadra di prima. Perciò la spiegazione che la mozione di sfiducia avesse fatto vincere la lista di Veglie Unita non regge. Tranne che non si voglia sostenere che l’errore è stato di aver presentato la mozione di sfiducia alla fine del mandato e non già nel 2016.

La mia spiegazione della attuale crisi della democrazia locale è più radicale: è l’attuale sistema elettorale maggioritario secco che rende le elezioni comunali senza un futuro per il bene del paese. E non perché c’è troppa democrazia ma perché la modalità di esercitarla è distorta e carente. Mi spiego.

I nuovi “mali” della democrazia – la corruzione, l’antipolitica, l’astensionismo, l’esclusione sociale, il  populismo,  le  oligarchie –hanno attecchito  nei  governi  locali. L’elezione diretta  dei  sindaci, introdotta nel 1993, ha  contributo ad introdurre  fenomeni di personalizzazione. Non  è un caso che tutti vogliano fare il sindaco, anche quelli incompetenti, quelli che mettono insieme posto di lavoro e passatempo comunale, quelli le cui motivazioni per candidarsi sono indicibili. E la partita tra le forze in campo si gioca solo sulla scelta del candidato sindaco.

Il sistema  maggioritario  secco,  inoltre, per  un  comune  di  14  abitanti  è  un  danno  enorme  per la preparazione e la scelta del personale politico amministrativo. La scelta del personale politico passa solo  dal  tritacarne  elettorale. A  danno  di  tante  nuove  intelligenze,  che, anche  questa  volta,  erano presenti  nelle  diverse  liste.  E  che  maciullate  dalla  gramigna  dell’invidia  e  della lotta  elettorale fratricida non le vedrai più sulla scena per un ruolo pubblico.

Infine, gli eletti rischiano di non rappresentare più nessuno se non se stessi, in assenza di aggregazioni che elaborino e propongano contenuti politico-amministrativi. E con soggetti solo sempre più furbi, voraci di visibilità e di interessi, per qualsiasi sindaco è difficilissimo amministrare.

Questo sistema maggioritario secco è un danno anche perché, in genere, le liste si formano nell’ultimo mese, con l’unico obiettivo di vincere e scegliendo, perciò, i candidati col criterio che siano soggetti portatori di voti più che di idee e di progetti.

Ed ecco, perché la mia non sia solo un’analisi, alcune proposte:

  • Chiedere al legislatore una  totale  modifica  della legge  81/93 e  introdurre  il  proporzionale è chiedere la luna nel pozzo. Non mi sembra chiedere troppo a tutte le forze politiche nazionali, però, di introdurre il doppio turno anche negli enti locali al di sopra dei cinque mila abitanti;
  • occorre rivedere la legge Bassanini che assegna ai politici il compito di “indirizzo e controllo” e ai funzionari “la gestione” di un ente locale. La debolezza della parte politica ha reso troppo permeabile questa distinzione. In questa fase di transizione a causa del covid, anche un ente locale non sarà più lo stesso di prima. Il rapporto tra classe politica e i pochi funzionari rimasti si complica sempre di più. Basta pensare al lavoro da casa dei dipendenti comunali che sarà regolato dalla   Gli  11  attuali  eletti  di  maggioranza  saranno  in  grado  di  individuare obiettivi generali e specifici da assegnare ai dipendenti? O ancora una volta come in passato quando l’ente locale continuerà ad essere una palude la colpa sarà tutta e solo dei dipendenti?
  • occorre rivedere le funzioni assegnate a un ente locale: sistemare una strada, concedere una licenza edilizia,  tutelare  il  territorio    sono  funzioni  importanti.  Ma  chi  pensa  alla formazione  della  sua  classe  politica?  Prima  ci  pensavano  i  partiti,  il  mondo  cattolico… I comuni  formano classe  politica per le  province,  per  le  regioni  e  per  il  parlamento.  E  per  i comuni chi ci pensa? Senza i corpi intermedi, con un mondo cattolico sempre più ripiegato su se stesso e con scarsa attenzione alla dimensione civica della vita, chi si appresta a candidarsi a  consigliere  comunale  lo  fa senza  alcuna  adeguata  preparazione.  C’è la scuola, è stata reintrodotta  l’educazione civica, ma non basta. La funzione di preparare la qualità dei  suoi amministratori deve essere assegnata dal legislatore all’ente locale.

Lo scontro senza esclusione colpi di questi mesi non passerà presto, ma solo se c’è chi è capace di non fissare il proprio ombelico e ha uno sguardo lungo e idee in testa, ci può essere un futuro per il nostro ente locale.

28 settembre 2020

Antonio Greco

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