Antonio G.: «Quel che muore, quel che nasce. 2020: un Natale in clausura»

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«Noi speriamo che ce la caviamo tutti»

Ci è giunta in redazione dal signor Antonio G., a titolo personale, una lettera di auguri e di riflessioni per il particolare periodo che stiamo vivendo.
Abbiamo particolarmente apprezzato le riflessioni in essa riportate e abbiamo deciso di condividere questa lettera personale con i nostri lettori scusandoci con l’autore per aver reso pubblici i suoi pensieri.

 

Lettera di Antonio G.:

Non possiamo dimenticare che la culla natalizia 2020 ospita accanto a un bambino i tanti morti, quasi sempre in una solitudine disumana, a causa della malattia pandemica.

Sarà un Natale senzala possibilità di:

  • vedere la bocca degli altri. La mascherina, che ci copre mezzo volto, non consente quel pieno ri-conoscimento che è alla base di ogni relazione;
  • stringere le mani ed abbracciare: azioni che esprimono richiesta e dono di affetto ma che, soprattutto, danno la forza di cui abbiamo sempre bisogno;
  • immaginare un futuro, anche immediato, possibile e vivibile.

Non è poco, ma non ci mancano i riti esteriori, i consumi sfrenati, la corsa al regalo, gli incontri di facciata, gli auguri ipocritamente dati.

Invece vorremmo avere

«la capacità di resistenza e di rivolta; l’intransigenza nel rifiuto del fariseismo, comunque mascherato; la volontà di azione e di dedizione; il coraggio di “sognare in grande”; la coscienza del dovere che abbiamo, come uomini, di cambiare il mondo in meglio, senza accontentarci dei mediocri cambiamenti di scena che lasciano tutto com’era prima: il coraggio di dire di no quand’è necessario, anche se dire di sì è più comodo; di non “fare come gli altri”, anche se per questo bisogna pagare un prezzo» (G. Rodari, nato cent’anni fa).

Per gli auguri evitiamo la pia illusione di marzo scorso: «Andrà tutto bene»

Come tutti gli slogan che semplificano, era una pia illusione, o meglio, era la formula inutilmente e falsamente tranquillizzante che si dice ad un paziente in procinto di entrare in sala operatoria. O, ancora, un’espressione di presuntuosa onnipotenza.

Da un tema di un bambino, parafrasato, può venire, invece, un augurio natalizio più connesso con la nostra triste realtà di questo 2020:

«Noi speriamo che ce la caviamo tutti».

Se non si può vivere senza speranza, è anche certo che non si può vivere solo di speranza. L’attesa, cifra essenziale di Natale e Capodanno, è la porta dalla quale in ogni momento può irrompere la rigenerazione personale, sociale, economica e politica. Quale che sia il carattere che ad essa vogliamo dare, religioso o laico, non è attesa vuota: è il tempo dell’impegno dell’uomo per avvicinare il futuro sperato, è una speranza dinamica e intraprendente per un mondo più giusto e più fraterno. Questi i miei auguri.

Dicembre 2020

Antonio G.

 

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