«C’è bisogno di dare una pennellata di colore a quel grigiore costante, di squarciare la piattezza e accogliere ventate di aria fresca»
Lettera di Alessia Sabetta:
“La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente tra il dolore e la noia passando per l’intervallo fugace, e per di più illusorio, del piacere e della gioia” – Arthur Shopenhauer.
Questa è una delle visioni della realtà più pessimistiche in assoluto, eppure è così tanto veritiera.
Non voglio articolare un discorso esistenzialista, voglio solo utilizzare questa frase come metafora di una vita particolare, frutto di una miscela di sostanze, persone, luoghi, un composto che attende l’avvenimento di un elemento sconvolgente.
Mi riferisco a Veglie.
Tante volte ho paura.
La paura di una persona che ogni giorno pensa di non avere un luogo in cui identificarsi, che non ha un posto in cui poter passare un pomeriggio tranquillo senza dover andare per forza in un bar. Eppure, sono convinta che questo timore derivi da un problema ormai consolidato: l’assenza dell’incontro, dell’interazione.
Il pendolo, quello stesso di Shopenhauer, oscilla tra la noia nell’attesa di un “accadimento” e il dolore della convinzione che questo non avverrà mai.
E l’intervallo prevede tutti quegli attimi, avvenimenti, lettere (un po’ come questa) che sottendono una speranza, seppur illusoria, che qualcosa possa muoversi e cambiare.
Non ho mai sentito Veglie come un luogo mio, tante volte mi sono sentita e continuo a sentirmi un’estranea.
Il paese sembra un corpo immobile, rigido e tutto sta contribuendo ad imbalsamarlo anziché tentare di animarlo per provare a dargli una vita.
Tutto è immobile.
Tutto è in silenzio.
O meglio, esistono dei suoni, impercettibili, che passano in sordina. Il confine tra udibile e non udibile diventa talmente tanto labile da non riuscire più a discernere nessun suono, nessun soffio vitale. Un elettrocardiogramma piatto.
Eppure, basterebbe pochissimo per animare la scena.
Una possibilità potrebbe essere dare vita ad un luogo comune, in cui le persone possano sentirsi libere di Essere. È necessario un luogo deputato per l’incontro.
Ci sono, a Veglie, tanti spazi inconsistenti, morti, abbandonati a sé stessi, alla polvere ed alla puzza di umido. Una puzza che sa di vuoto.
Quei vuoti che ti lasciano una sensazione pesante dentro, che ti tolgono il respiro.
Ma come! esistono luoghi in cui le persone si incontrano, i bar ed i circoli sono spesso sono pieni, direte.
Certo. Esistono luoghi d’incontro, ma quello che intendo io si trova in un’altra “regione”(non territoriale).
È necessario un luogo neutro.
Una biblioteca, ad esempio.
Che funga, magari, anche da aula studio.
“c’è già una biblioteca a Veglie”.
Certo, ma è aperta il lunedì e giovedì dalle 16 alle 18. Il resto dei giorni rimane aperta due ore in mattinata.
E se io, studente di qualsiasi età, volessi passare un venerdì pomeriggio a leggere? Non posso.
E se vessi bisogno di un posto tranquillo per studiare? Solo il lunedì o il giovedì.
Proprio la biblioteca è l’esempio di un luogo non identitario, triste.
È difficile cercare gli orari precisi su internet, non esiste un sito appartenente ad essa (o una pagina Facebook, cosa probabilmente più immediata) in cui siano catalogati i libri, dove si racconta il luogo. Non esiste un modo per catturare l’attenzione. Addirittura, alcune persone non sanno dell’esistenza di una biblioteca comunale.
È necessario un luogo neutro.
Un laboratorio urbano, ad esempio.
C’era un laboratorio urbano, un posto bellissimo. Aveva una casa “sull’albero” (in realtà era una casa sulla colonna) su cui potersi andare a rifugiare. Aveva una falegnameria con i macchinari utilizzabili da chiunque. Aveva una stanza insonorizzata, un’altra per le conferenze… ma il laboratorio urbano, oltre che essere chiuso da ormai più di un anno, è un luogo che non esiste nell’immaginario comune. Era un luogo aperto perché i giovani, e non solo, potessero essere liberi di identificarsi in quello spazio e nella frase che risaltava agli occhi appena entrati nella stanza e rimbombava nell’edificio e nella mente:
«Se pensi di essere troppo piccolo per fare la differenza prova a dormire con una zanzara»
Quello, però, è sempre stato percepito come il posto alla periferia di Veglie da cui stare alla larga, perché gestito da “gente strana”.
È necessario un luogo neutro.
Un campetto sportivo, ad esempio.
Inutile dire, che online, non esistono neanche gli orari di apertura del Palazzetto dello Sport. Non credo sia neanche più attivo quel luogo. Senza stare a richiamare i campi sportivi, abbandonati a sé stessi.
Basterebbe addirittura una stanza. La immagino, è lì nella mia testa.
Un divano, due poltrone ed un tavolino. Una bacheca (piena di volantini, notizie, eventi, suddivisione degli orari), una libreria con qualche libro.
Un luogo comune semplice, aperto sempre e a tutti.
Un luogo che accolga curiosi, appassionati, persone stanche vogliose di evadere dalla monotonia.
Forse così sarebbe possibile dare una pennellata di colore a quel grigiore costante. Squarciare la piattezza e accogliere quelle ventate di aria fresca.
Ho divagato troppo, probabilmente, sull’idea di luogo comune. Eppure, penso che questa possibilità sia la chiave di lettura necessaria a scardinare quel concetto fondato e consolidato che Veglie sia inferiore rispetto agli altri paesi.
A dir la verità, io credo, che il problema risieda in quella necessità assoluta di promuovere la relazione e lo scambio di idee, sensazioni, avvenimenti.
Evento necessario a dar vita alla relazione profonda ed imprescindibile che ha come fine ultimo l’incontro di anime.
Il resto viene da sé.
Alessia Sabetta
7 Febbraio 2021
Invece di stare a lamentarsi di questa mancanza di spazi sarebbe più interessante muovere il sedere per cercare di migliorare il paese partendo da noi cittadini e in particolare un orgoglio di appartenenza alla comunità che latita da tempo a Veglie. A prescindere da certe imprecisioni nel suo intervento sarebbe utile cominciare a pensare e costruire una vera alternativa ad una classe dirigente locale che è corresponsabile del declino attuale. Ma la colpa è anche dei cittadini che continuano a legittimarla votandola e anche attraverso l’astensione. Un paese non muore per colpa di altri ma per via del comportamento maggioritario negativo dei propri cittadini. E passa anche nel cominciare ad apprezzarlo senza limitarsi ad esternazioni che possono risultare offensive per chi ci abita (il termine “puzza” se lo tenga quindi per sé). Lei parla atteggiandosi ad intellettuale, ma senza pane sul tavolo ogni giorno si può fare ben poco per rilanciare un paese come Veglie. Disoccupazione, precariato, lavoro nero, povertà sono la regola qui anziché l’eccezione e purtroppo non si vedono prospettive di miglioramento nemmeno da parte delle istituzioni per creare le basi di una occupazione dignitosa per tutti i cittadini vegliesi. Quindi se la pancia è vuota, mi dica lei cosa se ne può fare una persona di simili spazi?! Ci pensi anche senza ricorrere ai pensieri di grandi uomini del passato che lasciano il tempo che trovano.
Lei inizialmente dice che i cittadini dovrebbero muovere il sedere per migliore il paese, ma, in realtà, a Veglie ci sono alcune iniziative attuate da tanti giovani che vivono in questo paese e si sentono stretti. Qual è il problema? non hanno l’appoggio dei cittadini, di quei cittadini che magari preferiscono parlare dicendo di dover muovere il sedere, ma appena si ha una nuova iniziativa non offrono il loro appoggio. Dal suo commento appare ferito da questo articolo che, invece, un giovane trova del tutto rappresentativo di questo paese. Provi a pensarci, esistono luoghi stimolanti a veglie per i giovani oltre quelle poche iniziative che non vengono nemmeno supportate? si ha un aula studio in cui andare a studiare liberamente? no! Se si vive sempre a Veglie non lo si nota, ma una volta usciti da questo paese ci si rende conto che a Veglie manca tanta vita, che si cerca di fare tanto, ma sono proprio la maggior parte dei cittadini a rifiutare quelle poche iniziative e ci si rende conto, inoltre, che Veglie non valorizza i giovani. Si è reso conto che quasi tutti i giovani vanno via da Veglie? Quindi forse di quegli spazi si ha bisogno. Infine, ad un certo punto del suo discorso apparte un po’ contradditorio: sembra che difenda veglie inizialmente e poi ne evidenzia tutti i lati negativi. Dice di dover cambiare la classe dirigente di veglie, ma una classe dirigente va al potere proprio grazie al supporto e al voto dei cittadini. Forse, quindi, una lettera/un articolo che possa spronare a pensare è necessaria. Forse più che preoccuparsi del fatto di aver ferito l’anima dei vegliesi (che da ragazza vegliese le posso assicurare che non è il messaggio vouto trasmettere da questa lettera) è necessario preoccuparsi del fatto che quelle frasi, da lei criticate, degli uomini del passato sono ancora attuali.
Alla luce della sua risposta ribadisco a maggior ragione quanto scritto in cui l’evidenza di quanto esposto dimostra che non c’è proprio nulla di contradditorio. In quanto alle critiche avanzate nei miei confronti i fatti e le posizioni da me espresse anche attraverso il libro “Veglie vista da un cittadino italosvizzero” sono esaurienti circa il mio modo di vedere le cose in questa realtà. Quindi se volete che il paese cambi davvero sta a noi tutti e in particolare a voi giovani muovere il sedere per farlo davvero anziché limitarvi a lamentarvi perché generalmente nessun paese muore a causa di fattori esterni ma soprattutto per via dell’immobilismo e della passività della gente che ci vive. Tutto qui. Ne prenda atto e si dia da fare con altri perché nessuno lo farà al posto vostro e si ricordi che l’importante è comunque fare al di là di quanti si è!