Lettera del prof. Antonio Greco
Veglie è un paese spaccato in due. Politicamente e, forse, anche culturalmente. Il Consiglio Comunale è lo specchio di questa difficile situazione. Basta cogliere il grave clima di conflittualità degli ultimi due consigli comunali (18 e 30 luglio), fino all’atto estremo: “Annunciamo che questa vicenda (n.d.r.: i fuochi sparati alla festa di San Giovannino da luoghi non consoni) la trasmettiamo, per conoscenza, al Prefetto e alla Procura, perché valuti questi tipi di comportamento”. Così la minoranza consiliare ha annunciato di “aver denunciato alla Procura” l’altra parte di maggioranza. Non ci sarebbe da meravigliarsi se non fosse alto il rischio che il piano amministrativo cittadino si laceri in un conflitto sempre più aspro. Soprattutto quando gli interpreti politici, per speculazione elettorale, invece di contenere le differenze le esasperano.
In questa situazione ciò che è grave non è tanto che la si pensi diversamente. La pluralità delle posizioni in democrazia è fisiologica e positiva. Il punto è che oggi la pluralità è sacrificata a favore della polarizzazione: due soli schieramenti su posizioni opposte, che non si riconoscono reciprocamente ma mirano ad annientarsi a vicenda, trascinando il paese in questa polarizzazione. Il che finisce per alimentare l’indifferenza alla politica e alla cosa pubblica. Produce forme di incomunicabilità che ci auguriamo non sfoci mai in odio sociale. Genera tante forme di vandalismo verso i beni di tutti e alimenta la violenza verbale diffusa sui social verso amministratori e amministratrici.
Che cosa è all’origine di una polarizzazione così marcata? Una lettura superficiale può sostenere che è solo questione di “votazioni vinte o perse”. Penso che, invece, occorra una lettura più approfondita.
Guardiamo alla struttura economica e sociale di Veglie: da un “paese contadino” in pochissimi anni, con un velocissimo cambiamento che caratterizza la vita delle società avanzate, si è passati a un “paese che non sa dove sta andando”.
I sintomi di questa fatica di adattamento a cambiamenti radicali sono ben visibili:
sul piano economico: abbandono delle campagne, fuga dei giovani, pochi redditi alti, molti redditi tendenti alla sopravvivenza e alla povertà, molte pensioni, denatalità…;
sul piano strutturale: un piano regolatore (PRG) vecchio di 50 anni e una realtà (non solo i numeri) che sbatte in faccia indicatori tremendi con la: -emergenza sanitaria dovuta alla mortalità oncologica; crisi ambientale con la lenta e progressiva desertificazione della campagna; disagio sociale con le soglie di povertà che crescono; crisi demografica con un numero di ultrasesantacinquenni doppio rispetto al numero di giovani (dati 2023: a Veglie ci sono 204,5 anziani ogni 100 giovani); con i tantissimi “vendesi” – ma leggesi “svendesi” – con il costo degli immobili sempre più svalutato; che ne sarà dei 22 comparti urbanistici del PRG, nella quasi totalità inattuati?;
sul piano culturale: alla maggioranza dà fastidio quando si ripete la diffusa nomea che l’Amministrazione De Bartolomeo è l’amministrazione delle “feste e festicciole”. Per queste, nel 2024, sarà utilizzato un budget di 100 mila euro. Si rivendica che è cultura e che non sono feste. Si loda la partecipazione di associazioni e cittadini alla organizzazione. Si rivendica che con esse si incrementano le tradizioni e che con la “cultura si mangia”. Non discuto questi aspetti, mi limito a richiamare la saggezza popolare: “a do’ iti mute pampane, picca ua” (dove vedi molte foglie, poca uva).
Alla vite servono anche “li pampane”, ma la sua importanza si misura dall’uva abbondante che produce. E nell’autunno del nostro paese “li pampane” effimere non potranno nascondere l’uva “picca”.
Penso al tentativo di redigere un nuovo Piano Urbanistico Generale (PUG), che dal 2004 è senza esiti. È ovvio che le responsabilità di un simile stallo non sono da ricercare in questa amministrazione, ma mi chiedo se l’attuale amministrazione, con il necessario coinvolgimento di tutto questo Consiglio Comunale, sia in grado non solo di trovare (presumibilmente) 200 mila euro e di nominare i tecnici, con trasparenza e condivisione consiliare, per la complessa redazione del Piano, ma soprattutto sia in grado di comporre i vari interessi con la partecipazione di tutti, in particolar modo dei corpi intermedi (imprenditori, commercianti, agricoltori, sindacati, giovani, anziani…) del paese.
Se è un bene, e va incoraggiata, la partecipazione alle “feste e festicciole”, necessario e indispensabile è un coinvolgimento pieno di tutti nella redazione di un PUG, coinvolgimento senza il quale, anche per motivi di iter amministrativo, il PUG non potrà mai essere approvato. Non è più come una volta per il Piano Regolatore Generale. L’attuale iter è molto più complesso.
E come è possibile, con un consiglio comunale così polarizzato su questioni stucchevoli (cfr. gli ultimi due Consigli Comunali: a chi va attribuito il merito dei 700 mila euro “intercettati” per l’asilo nido, le attenzioni alla mimica facciale…ecc.), affrontare la redazione di un nuovo PUG senza il quale non c’è futuro per questo paese? Alto è il rischio che anche il paese si laceri in un conflitto sempre più aspro.
Come se ne esce? Non ho ricette da dare per come sia possibile uscire da tale impasse.
Mi permetto solo di fare due annotazioni.
- Le donne in consiglio comunale
Guardate questa tabella riguardante la composizione del Consiglio Comunale dal 1988 ad oggi.
Balza agli occhi subito una prima annotazione come risultato delle amministrative 2023: nove donne per la prima volta, insieme, sono maggioranza in Consiglio Comunale (9 su 17). Una simile situazione amministrativa se non unica è almeno rara non solo in Puglia ma anche in Italia. Il numero così alto è dovuto alla cosiddetta quota di lista e all’introduzione della cosiddetta doppia preferenza di genere.
Prima di andare avanti in questa annotazione voglio precisare che sono contento per queste presenze così numerose di donne consigliere, perché sono il superamento di una colossale ingiustizia della passata società maschilista che ha dato il voto alle donne appena 80 anni fa. Ho tifato e continuo a tifare per donne preparate e impegnate nella pubblica amministrazione.
Preciso ancora che sono lontano dal pensare che, se si mettessero insieme tutte e nove le consigliere vegliesi per fare una maggioranza consiliare, avremmo risolto il problema politico locale. La democrazia rappresentativa ha diviso le nove elette in sei per la maggioranza e tre per la minoranza.
Come sono lontano dal pensare che siano le attuali nove donne le responsabili di questa situazione consiliare così conflittuale. C’è una anzianità di presenze femminili in Consiglio che ha anche la sua rilevanza.
Quello che voglio annotare è che in questi 14 mesi in Consiglio Comunale non è emerso un pensiero alternativo a quello maschilista: le donne potrebbero portare una riserva, nei toni e nelle relazioni, alla vita politica. Ma a stare ai Consigli Comunali e alla vita quotidiana amministrativa, questa riserva non c’è e, se c’è, non si vede. Ci sarebbe bisogno non di un nuovo partito delle donne ma di “un nuovo spartito”, di una sovranità a radice femminile molto più attenta alle relazioni che al potere, più propensa ad avviare processi di futuro, da qualunque parte vengano. Questi nuovi processi valgono molto di più dell’affannarsi per occupare spazi nel presente. Occupare spazi o scranni amministrativi produce solo conformismo senza alcuna differenza e complementarità tra la politica fatta da uomini e quella fatta da donne.
- È possibile avviare processi di futuro?
No, se in Consiglio Comunale prevale la retorica (cfr. CC. del 18 luglio: la istituzione della Commissione Pari Opportunità definita l’inizio di “una nuova era per il comune di Veglie”; i fuochi d’artificio F2 sono stati sparati durante la festa di San Giovanni “nell’ottica del preminente interesse locale per celebrare la vita della nostra comunità, l’unità e la piena condivisione del bene comune, nell’ottica di questa celebrazione, luce che squarcia tutte le nostre oscurità”), la mezza verità sull’aumento della TARI, “la loquela facile” e il potere dei numeri. Ma il primo passo, se si vuole uscire da questa situazione, è comunque chiaro: riconoscere da parte di tutti la gravità del momento che stiamo attraversando. A partire da questa consapevolezza, non è ingiustificato chiedere a entrambe le parti di riconoscere la legittimità degli argomenti che l’altra solleva. Invece che pensare semplicemente ad affermare il proprio punto di vista.
Quando penso, però, che è il momento di cercare insieme un punto più avanzato, che permetta ai “due popoli” (quello a favore e quello contro questa amministrazione) di riconciliarsi, guardando con speranza al futuro, è come se mi affacciassi su una voragine da una precaria balaustra. Oltre, non vedo che il vuoto. Un vuoto politico, strategico, narrativo, persino lessicale… Più grave di quello che è facile constatare a livello nazionale e internazionale.
Ciò non mi impedisce di offrire un suggerimento minimo agli attuali amministratori: su ciò che vi unisce, si agisce; su ciò che vi divide, si ricerca. Non ci si prende sempre a randellate.
1° agosto 2024
Antonio Greco
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