Lettera di Yvan Rettore
(n.d.r.: Foto di copertina “The Flower and the Bayonet – Jan Rose Kasmir” del fotografo francese Marc Riboud 21/10/1967)
Lo scrittore romano, Publio Vegezio Renato (vissuto tra il IV e il V secolo dopo Cristo) un giorno ebbe a dire:
“Dunque chi aspira alla pace, prepari la guerra”.
Questa sua affermazione fu modificata nel modo seguente (tanto che secoli dopo la fece sua anche Mussolini): “Se vuoi la pace, prepara la guerra”.
Altresì ho perfino sentito in questi giorni giornalisti autorevoli, come Travaglio, giustificare il ricorso alle armi in merito al conflitto attualmente in corso in Ucraina.
E buona parte del Mainstream e della classe politica appoggiano incondizionatamente tale posizione.
Migliaia di anni di “presunta” civiltà per poi rimanere saldamente inchiodati alla logica deleteria quanto assurda che vuole che ad una violenza subita si debba comunque sempre reagire con una violenza possibilmente superiore per riuscire ad imporsi sull’avversario.
Sono passati anni, secoli, ma in questo siamo ancora rimasti ai tempi bui del Far West dove in un duello soltanto uno doveva rimanere in piedi.
Invece di imporre la forza del dialogo e dell’inclusione, di costruire con decisione e fermezza un percorso di pace partendo da un cessate il fuoco, l’UE continua a mandare armi e l’Italia del governo Draghi (come ormai è sua consuetudine) a violare sia la Costituzione (art. 11) che la normativa 185/90 sull’export di armi, facendo quindi altrettanto.
L’ONU rimane assente e succube della NATO (che ne copre la maggior parte delle spese) e personalità autorevoli come il Papa diffondono belle parole restandosene comunque immobili nei sontuosi palazzi del Vaticano.
Quindi migliaia di anni di progressi e di presunta civiltà per arrivare a questo?!
A tornare ancora una volta agli atteggiamenti di intolleranza e di cattiveria del passato che tanto dolore e morti hanno arrecato all’insieme dell’umanità?
Pensiamo davvero che costruire la pace consista nell’additare soltanto alcuni popoli (e non altri) costretti a subire le angherie del despota di turno (e anche l’Occidente ne ha più di uno in questo momento), andare alle manifestazioni con una bandierina o esponendo degli slogan ammuffiti, istituire una giornata della pace, realizzare un parco a suo nome, dipingere panchine con i suoi colori o lavarsi la coscienza mandando denaro, indumenti, viveri o medicinali a talune popolazioni in guerra e non ad altre?!
Beh…se pensiamo tutto questo allora significa che non abbiamo capito un accidente su come si possano costruire le basi di una pace autentica, credibile e duratura.
Quante scuole e/o entità educative ci sono nel nostro tanto progredito Occidente che insegnano ai bambini i valori che costituiscono i pilastri della pace?
Quante educano alla tolleranza, all’accoglienza, alla solidarietà e all’amore e rispetto verso il prossimo e il mondo in cui viviamo?
Quante forniscono una conoscenza genuina e priva di pregiudizi delle diversità religiose, culturali, sessuali e sociali che contraddistinguono i vari popoli ed etnie che costituiscono il genere umano?
Le risposte a queste domande sono probabilmente vicine allo zero o poco più.
Questa è una triste realtà perché questo ammasso impressionante di ignoranza costituisce la colonna portante della paura che alimenta ogni regime politico, il quale poi la usa per fomentare e generare violenze e sopraffazione tali da giustificare il presunto inevitabile ricorso alla forza che è rappresentato dalla guerra.
Mi si dirà che sono belle riflessioni le mie ma non certo in grado di scalfire nemmeno minimamente l’esistente.
Rispondo che è vero, aggiungendo però da una parte che sarebbe comunque il caso di cominciare a farci tutti promotori di pace e a rivendicare tale percorso all’interno dei plessi scolastici e delle strutture educative o quanto meno partire da momenti extrascolastici in grado, comunque, di attuarli con l’appoggio ed il sostegno concreto e diretto di tutte le entità locali.
Dall’altra, sarebbe utile cominciare ad “assediare” tutte le sedi governative e diplomatiche coinvolte, spingendole a trovare una soluzione pacifica al conflitto attualmente in atto.
E non da ultima, mandare brigate internazionali di pace sul territorio ucraino non soltanto per andare in soccorso delle popolazioni civili ma anche per opporsi con la sola presenza fisica e regalando semmai fiori ai combattenti sia ucraini che russi onde cercare di far loro capire quanto sia assurdo proseguire come hanno fatto finora.
Impossibile?
Assolutamente no!
La popolazione russa del Donbass lo ha fatto l’altro giorno nei confronti di blindati ucraini che di fronte alla resistenza pacifica di quella popolazione ha preferito fare dietrofront.
E l’esercito russo da parte sua non ha sparato un solo colpo.
Con questo tipo di azioni si costruisce la pace.
Yvan Rettore
14 marzo 2022