DUNS SCOTO: Il “Dottore” dell’Immacolata

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«Potuit, voluit, fecit…»

Introduzione di Veglie News

Si arricchisce sempre di più la ricerca storica sul patrimonio artistico di Veglie. Sono tanti i segreti e i simbolismi racchiusi tra le mura dei monumenti vegliesi. Siamo tutti abituati a “guardarli” apprezzandone la bellezza ma senza riuscire a coglierne il loro significato, senza conoscere l’artista che lo ha creato e senza sapere perché è stato fatto.

Su questo tipo di ricerche, da qualche tempo, si stanno dedicando alcuni appassionati di Storia Locale. Grazie ai loro studi, alle consultazioni degli archivi, alla interpretazione dei simboli e ai collegamenti con altri studi già esistenti, questi “appassionati” stanno regalando ulteriori tasselli al grande mosaico della storia vegliese.

Sono di qualche tempo fa le ultime due pubblicazioni: quella di Antonio De Benedittis , “Le origini della Chiesa della Madonna delle Grazie” e quella di Cosimo Fai, “Iacta Super Dominum Curam Tuam”. Altre ancora sono pubblicate sul sito di Archeo Veglie.  Piccoli appunti di storia locale  si trovano anche nella rubrica “Storia di Veglie” del vecchio sito di Veglie News. Ulteriori notizie più approfondite si possono trovare nei  libri pubblicati in questi anni riguardanti Veglie (elenco con alcuni di questi libri dal vecchio sito Veglie News). Sarebbe interessante riassumere e riunire le ultime ricerche sui monumenti vegliesi e quelle già esistenti,  in un’unica pubblicazione in modo da renderla disponibile per i turisti che in estate risiedono  a Veglie per le loro vacanze. Un modo in più per dare il giusto  valore al nostro patrimonio che è ricco e molto spesso non ce ne rendiamo conto. Basterebbe solo dare la giusta importanza a quello che abbiamo. Ci sono paesi che con la loro storia riescono a creare attrazione per i turisti. Altri paesi che per farlo si inventano storie che non esistono. Basterebbe  poco per rendere interessante Veglie anche dal punto di vista storico. Potrebbe essere uno degli obiettivi dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Veglie con il coinvolgimento degli studiosi di Storia Locale: realizzare una pubblicazione agile e leggera a misura di turisti e magari successivamente una più completa per il futuro di Veglie.

Ma torniamo all’ultima ricerca di Cosimo Fai riguardante l’affresco presente in una nicchia dell’ex Convento dei Francescani di Veglie che raffigura il “Beato Giovanni Duns Scoto”.

Di seguito il testo della ricerca.

1 maggio 2016

Veglie News


Duns Scoto: Il “Dottore” dell’Immacolata

Ricerca e considerazioni di Cosimo FAI

duns_scoto_1All’interno dell’Ex Convento Francescano dei Frati Minori Conventuali di Veglie, scendendo le scale che dalla clausura portano al refettorio, si può notare un affresco ricavato in una nicchia. Raffigura il Beato Giovanni Duns Scoto, circondato da una serie di pubblicazioni,  con davanti un libro aperto, recante sulla pagina sinistra tre semplici parole: “Potuit, voluit, fecit”. La postura è tipica di chi è in dolce contemplazione dell’Immacolata Concezione, raffigurata con tutti i suoi tipici attributi iconografici indicati da Francisco Pacheco, spagnolo, che nel suo trattato Arte de la Pintura del 1638, così scriveva:

“Si deve…dipingere…questa Signora nel fiore della sua età, da dodici a tredici anni, bellissima bambina con begli occhi e sguardo grave, naso e bocca perfettissimi e rosate guance, i bellissimi capelli lisci, color oro… deve dipingersi con tonaca bianca e manto blu vestita del sole, un sole ovale ocra e bianco, che circundi tutta l’immagine, unito dolcemente con il cielo; coronato di stelle; dodici stelle distribuite nel circolo chiaro fra splendori, servendo di punto alla sacra fronte; le stelle su alcune macchie chiare formate a secco di purissimo bianco, che esca sopra tutti i raggi… Una corona imperiale deve adornare la sua testa ma che non copra le stelle; sotto i piedi, la luna che benché sia un globo solido, prese licenza per renderlo chiaro, trasparente sui paesi; nella parte di sopra, più chiara e visibile la mezza luna con le punte verso il basso… I tributi di terra si accomoderanno, convenientemente, per paese, e quelli del cielo, se vogliono fra le nubi. Adornasi con serafini e con angeli interi che hanno alcuni degli attributi… e il dragone… al quale la Vergine spaccò la testa trionfando dal peccato originale…”.

In calce all’affresco, scritto in colore nero, una didascalia indica che quell’affresco è stato commissionato, o per lo meno le indicazioni al frescante sono state date, per intenzione e devozione di un frate che ha vissuto all’interno del nostro convento.

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Ma diamo ordine alla lettura:

Giovanni Duns Scoto era un filosofo e teologo francescano. Nacque a Duns (Duns -contea di Berwick –  nel 1265-66 e morì a Colonia nel  1308), in Scozia, donde il soprannome Scoto.

Tutto il pensiero di Duns Scoto è permeato della spiritualità di San Francesco, con il suo straordinario  amore verso la persona e l’umanità del verbo  e, soprattutto,  la tenera e filiale devozione alla Vergine Maria che, sosteneva il filosofo,  “in previsione dei meriti di Gesù, Perfettissimo Redentore, fu preservata dal peccato originale”. Questa affermazione anticipa di secoli il dogma dell’Immacolata Concezione che verrà proclamato da Pio IX nel 1854. Da qui il titolo di Dottore dell’Immacolata che viene riconosciuto al Beato.

Egli fu lo strenuo difensore dell’immacolato concepimento di Maria. Non a caso era francescano. Si opponeva decisamente, in un’epoca in cui il dogma dell’immacolata non era stato ancora formulato, alla corrente teologica dei c.d. maculatisti, cioè di coloro che, invece, ritenevano che Maria non fosse stata concepita immune dalla colpa originale. I maculatisti, del resto, annoveravano nelle loro fila grandi figure di Santi e Dottori, come Sant’Agostino di Ippona, San Bernardo di Chiaravalle e San  Tommaso d’Aquino e tutta la scuola tomistica. I francescani, invece, erano annoverati tra gli immaculatisti, e riuscirono poi a far prevalere il loro punto di vista, con la proclamazione del dogma.

Giovanni Duns Scoto, per le sue abilità retoriche e dialettiche,  venne soprannominato anche  Doctor Subtilis. Egli si  rifà al pensiero di  Eadmero di Canterbury (+1124), discepolo di Sant’Anselmo, primo teorico e difensore dell’Immacolata, il quale così enuncia il suo ragionamento: Dio «potuit plane et voluit; si igitur voluit, fecit» (in PL 159, 305) e conclude con la descrizione dei benèfici effetti che ne derivano all’umanità. E,  in effetti,   nell’affresco in esame, Duns Scoto viene dipinto proprio nell’atto di leggere il pensiero di Eadmero di Canterbury, riassunto nelle parole: Potuit, voluit, fecit.

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Giovanni Duns Scoto (+1308), «cantore del Verbo incarnato e difensore dell’immacolato concepimento di Maria», da strenuo sostenitore della redenzione preventiva della Vergine, fece suo l’assioma: «Potuit, decuit, ergo fecit». Potuit: possibilità da parte di Dio; decuit: era conveniente in base al principio della pietà; ergo fecit: Dio quindi operò il concepimento immacolato.

Il Santo Giovanni Paolo II, durante il suo pontificato,  volle confermarlo solennemente beato il 20 Marzo 1993, definendolo “cantore del Verbo incarnato e difensore dell’Immacolata Concezione”. In tale espressione è sintetizzato il grande contributo che Duns Scoto ha offerto alla storia della teologia.

L’affresco è stato realizzato, a quanto ci è dato sapere dalla didascalia, da frate Giuseppe Melechì di Salice. La didascalia recita appunto: “A divozione di fra Giuseppe Melechì”.

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Il nome di Giuseppe Melechì* è legato alle alterne vicende del Convento, e precisamente lo ritroviamo nel 1837, anno della riapertura del Convento dopo la soppressione Napoleonica, come grancia (dipendenza) del Convento di San Francesco di Oria, riapertura che fu possibile grazie ai cospicui lasciti disposti da cittadini vegliesi e in special modo dalle famiglie Paladini-Favale.

Al momento della riapertura erano presenti nel convento: Padre Carmine Frassanito, Padre Giuseppe De Dominicis di Copertino, Frate Francesc’Antonio Panzanaro, frate Luigi Brigida di Monopoli, frate Vincenzo Farina e, per l’appunto, frate Giuseppe Melechì di Salice.

Frate Giuseppe Melechì era figlio di Vito e di Caterina De Santis. Dal 1879 svolse anche le funzioni di custode del camposanto. Muore a Veglie, nel soppresso Convento, il 29 maggio 1884, all’età di 66 anni.

Volutamente non mi addentro in un’analisi stilistica dell’affresco, discorso troppo lungo e complesso e non di mia pertinenza specifica, anche perché  l’intento di questa “segnalazione” è solo quello di stimolare  la curiosità intorno a tutto il complesso conventuale sotto il titolo di “Santa Maria di Veglie (o della Favana)” e far si che, a cominciare dai vegliesi,  il convento ed anche la cripta, possano essere  visitati e apprezzati da un sempre più numeroso pubblico di cittadini, appassionati e cultori di storia patria.

Cosimo Fai

*Insostituibile fonte, per chi volesse conoscere le vicende del nostro convento, è la pubblicazione: “La platea del venerabile convento di Santa Maria di Veglie (o della Favana)” di Antonio de Benedittis.  Il Parametro Editore, 2005

1 COMMENT

  1. […] In questa pagina si riprende il discorso sugli affreschi presenti nel Convento  dei Frati Minori Conventuali di Veglie già intrapreso con altri due articoli riguardanti l’affresco che si trova sulla porta centrale del refettorio (Capitolo delle Stuoie  –  «Iacta Super Dominum Curam Tuam») e uno sull’affresco del DUNS SCOTO: Il “Dottore” dell’Immacolata. […]

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